17 dicembre '15 - giovedì 17th December / Thursday
Quando il papa Francesco parlò di terza guerra mondiale, composta da tante piccole
(ma non tanto) guerre che si svolgono in varie parti del mondo, affermò un qualcosa
che molte persone già pensavano e tuttora lo pensano. Adesso poi con l'entrata dell'Is
che ha occupato parecchio territorio non lontano dall'Europa, e con conflitti etnici/re-
ligiosi sempre più pressanti e incessanti tra molteplici nazioni, la verità che aveva de-
nunciato papa Bergoglio è sempre più palese.
E' stato detto che, comunque, sarebbe questa la quarta guerra mondiale, in quanto
la terza era stata quella della Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica degli
anni Sessanta. E in buona parte è vero.
Continua... to be continued...
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giovedì 17 dicembre 2015
Personaggio / sport - La leggenda del rugby: il gigante buono Jonah LOMU
17 dicembre '15 - giovedì 17th December / Thursday visione post - 22
Addio al gigante Lomu che portò il rugby nel futuro
Si è spento a 40 anni il giocatore più travolgente della storia.
Fu grazie alle sue imprese che un intero sport ha cambiato volto.
Il simbolo ALL BLACKS >> da Mandela alla malattia
(da
la Repubblica - 19 nov. 2015 - R2Sport - Massimo Calandri)
"Dicono sia già in Paradiso, è arrivato di corsa. Perchè nessuno può fermarlo".
Delle migliaia di messaggi di cordoglio, questo racconta meglio di tutti Jonah Lomu,
il gigante dallo sguardo triste che solo la malattia ha potuto placcare. La leggenda
neozelandese del rugby, l'uomo che ha ribaltato le leggi fisiche dello sport, che ne
ha riscritto logica e dinamica, il Tyson e il Maradona ovali, aveva 40 anni e un'ul-
tima meta da segnare: "Vorrei vedere i miei bambini maggiorenni".
Invece se n'è andato l'altra notte nella sua casa di Auckland, la moglie Nadene gli
stringeva la mano, i piccoli Brayley (6) e Dhyreille (5) dormivano innocenti. Il cuore,
la cosa più grande in quell'omone di quasi due metri e 118 chili di muscoli, non ha
retto. Soffriva da sempre di una rara forma di sindrome nefrosica, gli avevano tra-
piantato un rene ma lo aveva rigettato. Era un calvario di dialisi e ricoveri, però
uno così pensi che non si arrenda mai. Stava male già da ragazzo, eppure sparpa-
gliava avversari sul prato che neanche Bud Spencer, e allora? Allora è successo
che all'improvviso le proteine sono scese di 25 volte il normale, la luce si è spenta.
Ora Jonah è tornato a correre. Nel suo Paradiso ovale, implacabile e implaccabile.
"Chissà cosa avrei potuto combinare nella vita, se fossi stato bene". Nessuno mai,
come lui. Il più giovane a esordire con la maglia numero 11 dei mitici All Blacks,
a 19 anni. Un'ala anomala per dimensioni e velocità, si metteva l'ovale sotto l'a-
scella e chi lo teneva più? Nei mondiali sudafricani del 1995 avevano persino mes-
so una taglia: 5.000 dollari a chi fosse riuscito a bloccarlo. In qualsiasi modo, al-
meno per una volta. Lo fece Joost Van der Westhuizen nella storica finale vinta
dagli Springbooks ai supplementari davanti a Mandela, quella celebrata in Invictus.
Joost oggi è su di una sedia a rotelle, vittima della Sla, e uno degli ultimi amici che
gli è andato a fare visita in estate è stato proprio il gigante gentile. Il ragazzino che
in quella World Cup aveva sbalordito con 4 mete segnate in semifinale all'Inghil-
terra. La prima rimane la copertina di questo sport, un filmato cliccato milioni di
volte: Lomu supera Underwood, Carling (che poi ebbe una storia con Lady Diana)
e travolge - calpestandolo letteralmente - il povero Catt. Un mostro di velocità e
forza fisica, un fenomeno della natura, uno che avrebbe dominato in qualsiasi di-
sciplina: la Nfl offrì un tesoro per convincerlo a passare al football, niente da fare.
"Ricordatevi che il rugby è uno sport di squadra: tutti i 14 uomini devono passare
la palla a Jonah", era scritto in un profetico fax ricevuto dalla federazione neozelan-
dese prima di quell'incontro. La sera del match non partecipò al terzo tempo: si sen-
tiva stanco, spossato. Andò a letto presto, nemmeno gli riuscì di mangiare il sandwich
che gli avevano preparato. - La prima diagnosi della malattia non fu così allarmante.
Il ragazzo dallo sguardo triste e il fisico prodigioso partecipò alla sua seconda World
Cup, 4 anni dopo. Un'altra pioggia di marcature spettacolari, portandosi sulle spalle
come bambini mezza squadra inglese e pure la Francia. Però mancò ancora il titolo,L
La fortuna non è mai stata dalla sua parte. Tante battaglie in campo con diversi club
kiwi - Manuaku, Auckland Blues, Chiefs e Hurricanes - poi quella in ospedale, perchè
ad un certo punto il corpo non reggeva più. Il trapianto di un rene, donatogli da un
amico dj, nel 2004. Siona Tali 'Jonah' Lomu, figlio di un pastore metodista togano,
ricominciò dal Galles, una stagione ai Cardiff Blues. Ma non era più l'uragano di un
tempo. Una parabola lenta, inesorabile, chiusa nel 2010 giocando a Marsiglia con una
squadra di dilettanti. "Vorrei continuare, il rugby è tutta la mia vita. Ma non ce la fac-
cio". L'anno dopo, il rigetto del rene e di nuovo l'incubo dei ricoveri. "Devi sempre
cercare di restare positivo, anche se questa malattia ti distrugge fineun poco alla volta".
Jonah non ha mai mollato. "L'alternativa è una sola: stare su col morale. E lottare,.
sempre. Voglio insegnare ai miei figli che non c'è niente di facile, in questa vita".
L'impegno con l'Unicef e altre Charity, le strette di mano agli All Blacks - che a fine
ottobre hanno vinto il loro terzo titolo - e a Julian Savea, che sostengono sia il suo ere-
de ma è impossibile. Nei giorni scorsi era a Dubai con la famiglia, una breve vacanza.
Su twitter ha postato un messaggio dopo l'attentato di Parigi ("Siate forti, viva la
Francia") e un'ultima foto 3 giorni fa: il gioco d'acqua di una fontana. Ieri RichieMc
Caw, l'altra leggenda ovale neozelandese che ha appena alzato al cielo la World Cup
e oggi avrebbe dovuto annunciare ilò ritiro, lo ha salutato: "Eri un incredibile rugbi-
sta e una straordinaria persona. Riposa in pace, amico".

Lucianone
Addio al gigante Lomu che portò il rugby nel futuro
Si è spento a 40 anni il giocatore più travolgente della storia.
Fu grazie alle sue imprese che un intero sport ha cambiato volto.
Il simbolo ALL BLACKS >> da Mandela alla malattia
(da
la Repubblica - 19 nov. 2015 - R2Sport - Massimo Calandri)
"Dicono sia già in Paradiso, è arrivato di corsa. Perchè nessuno può fermarlo".
Delle migliaia di messaggi di cordoglio, questo racconta meglio di tutti Jonah Lomu,
il gigante dallo sguardo triste che solo la malattia ha potuto placcare. La leggenda
neozelandese del rugby, l'uomo che ha ribaltato le leggi fisiche dello sport, che ne
ha riscritto logica e dinamica, il Tyson e il Maradona ovali, aveva 40 anni e un'ul-
tima meta da segnare: "Vorrei vedere i miei bambini maggiorenni".
Invece se n'è andato l'altra notte nella sua casa di Auckland, la moglie Nadene gli
stringeva la mano, i piccoli Brayley (6) e Dhyreille (5) dormivano innocenti. Il cuore,
la cosa più grande in quell'omone di quasi due metri e 118 chili di muscoli, non ha
retto. Soffriva da sempre di una rara forma di sindrome nefrosica, gli avevano tra-
piantato un rene ma lo aveva rigettato. Era un calvario di dialisi e ricoveri, però
uno così pensi che non si arrenda mai. Stava male già da ragazzo, eppure sparpa-
gliava avversari sul prato che neanche Bud Spencer, e allora? Allora è successo
che all'improvviso le proteine sono scese di 25 volte il normale, la luce si è spenta.
Ora Jonah è tornato a correre. Nel suo Paradiso ovale, implacabile e implaccabile.
"Chissà cosa avrei potuto combinare nella vita, se fossi stato bene". Nessuno mai,
come lui. Il più giovane a esordire con la maglia numero 11 dei mitici All Blacks,
a 19 anni. Un'ala anomala per dimensioni e velocità, si metteva l'ovale sotto l'a-
scella e chi lo teneva più? Nei mondiali sudafricani del 1995 avevano persino mes-
so una taglia: 5.000 dollari a chi fosse riuscito a bloccarlo. In qualsiasi modo, al-
meno per una volta. Lo fece Joost Van der Westhuizen nella storica finale vinta
dagli Springbooks ai supplementari davanti a Mandela, quella celebrata in Invictus.
Joost oggi è su di una sedia a rotelle, vittima della Sla, e uno degli ultimi amici che
gli è andato a fare visita in estate è stato proprio il gigante gentile. Il ragazzino che
in quella World Cup aveva sbalordito con 4 mete segnate in semifinale all'Inghil-
terra. La prima rimane la copertina di questo sport, un filmato cliccato milioni di
volte: Lomu supera Underwood, Carling (che poi ebbe una storia con Lady Diana)
e travolge - calpestandolo letteralmente - il povero Catt. Un mostro di velocità e
forza fisica, un fenomeno della natura, uno che avrebbe dominato in qualsiasi di-
sciplina: la Nfl offrì un tesoro per convincerlo a passare al football, niente da fare.
"Ricordatevi che il rugby è uno sport di squadra: tutti i 14 uomini devono passare
la palla a Jonah", era scritto in un profetico fax ricevuto dalla federazione neozelan-
dese prima di quell'incontro. La sera del match non partecipò al terzo tempo: si sen-
tiva stanco, spossato. Andò a letto presto, nemmeno gli riuscì di mangiare il sandwich
che gli avevano preparato. - La prima diagnosi della malattia non fu così allarmante.
Il ragazzo dallo sguardo triste e il fisico prodigioso partecipò alla sua seconda World
Cup, 4 anni dopo. Un'altra pioggia di marcature spettacolari, portandosi sulle spalle
come bambini mezza squadra inglese e pure la Francia. Però mancò ancora il titolo,L
La fortuna non è mai stata dalla sua parte. Tante battaglie in campo con diversi club
kiwi - Manuaku, Auckland Blues, Chiefs e Hurricanes - poi quella in ospedale, perchè
ad un certo punto il corpo non reggeva più. Il trapianto di un rene, donatogli da un
amico dj, nel 2004. Siona Tali 'Jonah' Lomu, figlio di un pastore metodista togano,
ricominciò dal Galles, una stagione ai Cardiff Blues. Ma non era più l'uragano di un
tempo. Una parabola lenta, inesorabile, chiusa nel 2010 giocando a Marsiglia con una
squadra di dilettanti. "Vorrei continuare, il rugby è tutta la mia vita. Ma non ce la fac-
cio". L'anno dopo, il rigetto del rene e di nuovo l'incubo dei ricoveri. "Devi sempre
cercare di restare positivo, anche se questa malattia ti distrugge fineun poco alla volta".
Jonah non ha mai mollato. "L'alternativa è una sola: stare su col morale. E lottare,.
sempre. Voglio insegnare ai miei figli che non c'è niente di facile, in questa vita".
L'impegno con l'Unicef e altre Charity, le strette di mano agli All Blacks - che a fine
ottobre hanno vinto il loro terzo titolo - e a Julian Savea, che sostengono sia il suo ere-
de ma è impossibile. Nei giorni scorsi era a Dubai con la famiglia, una breve vacanza.
Su twitter ha postato un messaggio dopo l'attentato di Parigi ("Siate forti, viva la
Francia") e un'ultima foto 3 giorni fa: il gioco d'acqua di una fontana. Ieri RichieMc
Caw, l'altra leggenda ovale neozelandese che ha appena alzato al cielo la World Cup
e oggi avrebbe dovuto annunciare ilò ritiro, lo ha salutato: "Eri un incredibile rugbi-
sta e una straordinaria persona. Riposa in pace, amico".

Lucianone
mercoledì 16 dicembre 2015
Sport - calcio / Coppa Italia 2015-16
16 dicembre '15 - mercoledì 16th December / Wednesday visione post - 23
Risultati delle partite / Gli Ottavi di finale
Genoa 1 Inter 3 Roma 2 Fiorentina 0 Napoli 3
Alessandria 2 (dts) Cagliari 0 Spezia 4 (dts) Carpi 1 Verona H. 0
Juventus 4
Torino 0
Gli ottavi di Coppa delle sorprese
________________
Genoa - Alessandria 1 - 2
L'ex Marras firma l'impresa e la crisi di Gasperini.
L'esultanza di Marras (Alessandria), dopo il gol del pareggio
Roma - Spezia 2 - 4 (dts)
Lo Spezia passa battendo ai rigori la Roma. Figuraccia storica per i giallorossi:
Pjanic e Dzeko sbagliano i rigori.
Risultati delle partite / Gli Ottavi di finale
Genoa 1 Inter 3 Roma 2 Fiorentina 0 Napoli 3
Alessandria 2 (dts) Cagliari 0 Spezia 4 (dts) Carpi 1 Verona H. 0
Juventus 4
Torino 0
Gli ottavi di Coppa delle sorprese
________________
Genoa - Alessandria 1 - 2
L'ex Marras firma l'impresa e la crisi di Gasperini.
Era dal 1984 che una squadra di terza serie non raggiungeva i quarti di Coppa Italia: i piemontesi ringraziano il portiere Vannucchi e l'attaccante cresciuto nei rossoblù, gol e assist per Bocalon. Inutile l'1-1 di Pavoletti che al 92' manda la gara ai supplementari: i tifosi contestano
Roma - Spezia 2 - 4 (dts)
Lo Spezia passa battendo ai rigori la Roma. Figuraccia storica per i giallorossi:
Pjanic e Dzeko sbagliano i rigori.
Fischi all'Olimpico: la squadra di Di Carlo tiene lo 0-0 fino al 120' e poi conquista il quarto di finale contro l'Alessandria.
Gennaro Acampora, classe 1994, nato a Napoli: è lui che fa la storia. La Roma tocca il punto più basso dell'era Garcia e non va oltre gli ottavi di finale: non capitava dal 2000-01. Ai quarti va lo Spezia, che ora affronterà l'Alessandria, dopo aver sconfitto Dzeko e compagni ai calci di rigore. Il tiro decisivo è appunto di Acampora, entrato nel primo tempo supplementare, dopo gli errori dal dischetto di Pjanic e Dzeko. A nulla sono serviti, via via, gli ingressi dei titolari inizialmente lasciati a riposo da Garcia: Florenzi, De Rossi e Digne. La Roma è stata praticamente inesistente, la qualificazione dello Spezia è più che legittima e figlia di un atteggiamento tattico, quello di Di Carlo, prudente al punto giusto, senza dimenticare le puntate offensive.
Fiorentina - Carpi 0 - 1
Di Gaudio gol, e Sousa fuori dalla Coppa Italia
Fiorentina - Carpi 0 - 1
Di Gaudio gol, e Sousa fuori dalla Coppa Italia
Altra eliminazione a sorpresa dopo quelle di Genoa e Roma: decide un gol dell'esterno al 76'. Nel primo tempo palo di Gagliolo e traversa di Badelj, l'ingresso di Ilicic nella ripresa non scuote i viola che per la prima volta nella stagione chiudono un match senza segnare
La festa del Carpi a fine partita
Questione di gruppo e di identità -
Questione di gruppo e di identità -
lunedì 14 dicembre 2015
SOCIETA' / Russia - Putin e la minaccia dei suoi missili nucleari
14 dicembre '15 - lunedì 15th December / Monday visione post - 16
(da 'L'Arena' - 10/ 12/ '15 - Ferdinando Camon)
Una minaccia da non lanciare
Le parole pronunciate da Putin hanno molti significati nascosti, e in questo momento le
diplomazie del mondo si stanno arrovellando per tirarli fuori. Dice Putin che i suoi missili
da crociera, come quelli sparati da un sottomarino, "possono essere armati sia con testate
convenzionali sia con testate speciali, cioè nucleari". Ma, ha aggiunto, "certamente nulla di
questo è necessario nella lotta ai terroristi, e spero che non sarà mai necessario". E' una fra-
se esprime potenza e minaccia e che poi cerca di rassicurare. Ma guardiamo bene, que-
sta frase. Un sottomarino russo di nuova generazione, silenzioso e invisibile ai radar, ha spa-
rato missili da crociera contro due bastioni dell'Isis nelle vicinanze di Raqqa, usati come for-
tezze militari e depositi di armi. Gli obiettivi sono stati centrati e distrutti. E' dopo questa
constatazione che Putin ha lanciato il suo avvertimento, per dire : "Possiamo caricare questi missili con testate nucleari, e in un attimo cancellare l'Isis". La riserva è: "Se fosse necessa-
rio". Adesso ritiene che non sia necessario e per questo non lo fa. Lui vuole la vittoria sul-
l'Isis, la cancellazione dell'isis, e per ottenerla userà lo sforzo necessario. Con queste parole Putin assume la guida del fronte armato contro l'Isis, quella guida che anche ieri l'America
ha rifiutato. Il capo del Pentagono ha fatto ieri due dichiarazioni che sembrano in contrad-
dizione: da una parte ha ammesso che "siamo in guerra con l'Isis", e dall'altra ha ricordato
che l'America invierà elicotteri Apache e consiglieri militari, ma non soldati, perchè non vuole "americanizzare il conflitto".
Dunque siamo a una svolta: l'America vuole starne fuori, la Russia vuole entrarci dentro.
Noi non possiamo dimenticare che la preda finale che l'Isis vuole ingoiare siamo noi, noi
Europa, noi Italia, noi Roma: che succede, non possiamo più sentirci difesi dall'America,
dobbiamo sentirci difesi dalla Russia? La nostra difesa passa attraverso l'uso di ordigni
nucleari? Sganciati dove? Putin ha i mezzi per sparare missili nucleari da sottomarini
invisibili ma spararli "dove", su Raqqa? Raqqa è la capitale del sedicente Califfato, è
immagin ci sono dentro dei terroristiabile una testata "non conven
zionale" che vada a
cadere sulla capitale? Noi europei non abbiamo mai pensato di bruciare una città perchè
ci sono dentro dei terroristi: abbiamo sempre pensato che bisogna eliminare i terroristi,
non gli abitanti. La minaccia di Putin non doveva nemmeno essere pensata. ma ormai è
stata pensata e pronunciata. E ora non è più tra le cose irreali.
_________________________________________________________________
La divinizzazione del capo carismatico ha sempre, come corrispettivo, l'elaborazione
paranoica di un Nemico Totale. Non è possibile un'idealizzazione istituzionale senza
una demonizzazione istituzionale. Il capo divinizzato ha, come antagonista, un demone.
Stalin poteva nascondere tutti i suoi atroci misfatti, i bagni di sangue compiuti sul suo
popolo e sui suoi compagni perchè guidava la grande battaglia contro il demone capitalista.
Hitler giustificava i suoi crimini accusando gli ebrei di ogni male. Khomeini e Bin Laden
guidano la guerra santa islamica contro il Grande Satana occidentale.
(da "Leader e masse " - Francesco Alberoni, 2007)
Lucianone
(da 'L'Arena' - 10/ 12/ '15 - Ferdinando Camon)
Una minaccia da non lanciare
Le parole pronunciate da Putin hanno molti significati nascosti, e in questo momento le
diplomazie del mondo si stanno arrovellando per tirarli fuori. Dice Putin che i suoi missili
da crociera, come quelli sparati da un sottomarino, "possono essere armati sia con testate
convenzionali sia con testate speciali, cioè nucleari". Ma, ha aggiunto, "certamente nulla di
questo è necessario nella lotta ai terroristi, e spero che non sarà mai necessario". E' una fra-
se esprime potenza e minaccia e che poi cerca di rassicurare. Ma guardiamo bene, que-
sta frase. Un sottomarino russo di nuova generazione, silenzioso e invisibile ai radar, ha spa-
rato missili da crociera contro due bastioni dell'Isis nelle vicinanze di Raqqa, usati come for-
tezze militari e depositi di armi. Gli obiettivi sono stati centrati e distrutti. E' dopo questa
constatazione che Putin ha lanciato il suo avvertimento, per dire : "Possiamo caricare questi missili con testate nucleari, e in un attimo cancellare l'Isis". La riserva è: "Se fosse necessa-
rio". Adesso ritiene che non sia necessario e per questo non lo fa. Lui vuole la vittoria sul-
l'Isis, la cancellazione dell'isis, e per ottenerla userà lo sforzo necessario. Con queste parole Putin assume la guida del fronte armato contro l'Isis, quella guida che anche ieri l'America
ha rifiutato. Il capo del Pentagono ha fatto ieri due dichiarazioni che sembrano in contrad-
dizione: da una parte ha ammesso che "siamo in guerra con l'Isis", e dall'altra ha ricordato
che l'America invierà elicotteri Apache e consiglieri militari, ma non soldati, perchè non vuole "americanizzare il conflitto".
Dunque siamo a una svolta: l'America vuole starne fuori, la Russia vuole entrarci dentro.
Noi non possiamo dimenticare che la preda finale che l'Isis vuole ingoiare siamo noi, noi
Europa, noi Italia, noi Roma: che succede, non possiamo più sentirci difesi dall'America,
dobbiamo sentirci difesi dalla Russia? La nostra difesa passa attraverso l'uso di ordigni
nucleari? Sganciati dove? Putin ha i mezzi per sparare missili nucleari da sottomarini
invisibili ma spararli "dove", su Raqqa? Raqqa è la capitale del sedicente Califfato, è
immagin ci sono dentro dei terroristiabile una testata "non conven
zionale" che vada a
cadere sulla capitale? Noi europei non abbiamo mai pensato di bruciare una città perchè
ci sono dentro dei terroristi: abbiamo sempre pensato che bisogna eliminare i terroristi,
non gli abitanti. La minaccia di Putin non doveva nemmeno essere pensata. ma ormai è
stata pensata e pronunciata. E ora non è più tra le cose irreali.
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La divinizzazione del capo carismatico ha sempre, come corrispettivo, l'elaborazione
paranoica di un Nemico Totale. Non è possibile un'idealizzazione istituzionale senza
una demonizzazione istituzionale. Il capo divinizzato ha, come antagonista, un demone.
Stalin poteva nascondere tutti i suoi atroci misfatti, i bagni di sangue compiuti sul suo
popolo e sui suoi compagni perchè guidava la grande battaglia contro il demone capitalista.
Hitler giustificava i suoi crimini accusando gli ebrei di ogni male. Khomeini e Bin Laden
guidano la guerra santa islamica contro il Grande Satana occidentale.
(da "Leader e masse " - Francesco Alberoni, 2007)
Lucianone
sabato 12 dicembre 2015
Sport - calcio / Serie A - 15^ giornata - 2015/16
12 dicembre '15 - sabato 12th December / Saturday visione post - 17
Risultati delle partite
Lazio 0 Torino 1 Inter 1 Bologna 3 Atalanta 3 Fiorentina 3
Juventus 2 Roma 1 Genoa 0 Napoli 2 Palermo 0 Udinese 0
Frosinone 0 Verona H. 0 Sampdoria 1 Carpi 0
Chievo 2 Empoli 1 Sassuolo 3 Milan 0
LA CLASSIFICA
Inter 33 / Fiorentina 32 / Napoli 31 / Roma Sa28 / Juventus 27 / Sassuolo 26 Milan, Atalanta 24 / Torino 22 / Empoli 21 / Chievo, Lazio 19 / Udinese 18 /
Sampdoria, Bologna, Genoa 16 / Palermo 15 / Frosinone 14 / Carpi 10 /
Verona H. 6
Lucianone
Risultati delle partite
Lazio 0 Torino 1 Inter 1 Bologna 3 Atalanta 3 Fiorentina 3
Juventus 2 Roma 1 Genoa 0 Napoli 2 Palermo 0 Udinese 0
Frosinone 0 Verona H. 0 Sampdoria 1 Carpi 0
Chievo 2 Empoli 1 Sassuolo 3 Milan 0
LA CLASSIFICA
Inter 33 / Fiorentina 32 / Napoli 31 / Roma Sa28 / Juventus 27 / Sassuolo 26 Milan, Atalanta 24 / Torino 22 / Empoli 21 / Chievo, Lazio 19 / Udinese 18 /
Sampdoria, Bologna, Genoa 16 / Palermo 15 / Frosinone 14 / Carpi 10 /
Verona H. 6
Lucianone
giovedì 10 dicembre 2015
Attualità / terrorismo Is - Chiudere le frontiere? Laura Boldrini: no, è un regalo all'Isis
10 dicembre '15 - giovedì 10th December / Thursday visione post - 38
(da 'l'Espresso' - 26 novembre '15 - Intervista a L. Boldrini / di Marco Damilano)
"E' tornata la parola guerra, ma anche la parola politica". La presidente della Camera
Laura Boldrini ragiona sul dopo-13 novembre dell'Europa e dell'Italia: la battaglia con-
tro il terrorismo e gli strumenti da usare, il no a uno scontro di civiltà, "errore nefasto",
e alla tentazione di chiudere le frontiere, "il miglior regalo che potremmo fare all'Is, l'u-
manità contro il terrorismo "che non deve annullare la normale dialettica democratica".
COME SI COMBATTE QUESTA GUERRA?
"Con la politica. Dopo cinque anni di guerra in Siria ci sono state 250mila vittime, oltre metà
della popolazione è fuori casa forzatamente, ci sono quattro milioni di profughi di cui due in Turchia. In pochi in questi anni abbiamo denunciato questa situazione, era evidente che farla
decantare avrebbe provocato altre sciagure. Ora si è capito che serve un dialogo con tutte le
parti: gli Stati Uniti, la Russia, l'Iran, l'Arabia Saudita, l'Unione africana, la Lega araba, l'U-
nione europea che spero parli con una sola voce. Sia chiaro: con l'Is no, non si tratta. E un
sedicente Stato che Stato non è. non bisognerebbe neppure chiamarlo così. E sfrutta la reli-
gione islamica per il potere, il novantanove per cento dei musulmani non hanno nulla a che
fare con un'entità che usurpa il nome di Dio".
PERO' ANCHE HOLLANDE, UOMO DI SINISTRA, INVOCA LA SOLUZIONE MILITARE
"Le azioni militari senza strategia sono disastrose. Ho lavorato in Afghanistan, oggi i taleba-
ni sono più forti di prima. In Iraq nel 2003 sembrò che il conflitto fosse finito in un mese con
la caduta di Saddam e invece oggi si levano voci come quella di Hillary Clinton e perfino di
Tony Blair che ammettono gli errori. Lo abbiamo visto in Libia. Il mito della guerra-lampo,
dell'esportazione della democrazia con le armi ha portato alle tragedie di questi anni. La
guerra è nefasta, crea odio e disfacimento. Abbiamo seminato odio, abbiamo creato con-
trapposizione, Abbiamo predicato lo scontro di civiltà, l'errore più grave di tutti. Ora pro-
seguire su questa strada sarebbe miopia politica".
COLPA DEGLI OCCIDENTALI? TROPPO BUONISTA PRESIDENTE, SI DIRA'. QUI
CI SPARANO ADDOSSO NEI BAR, IN UNA SALA CONCERTI...
La mia è una posizione realista, non buonista. Non sono mai stata contro gli interventi
militari a prescindere, mi è capitato anche di lavorare in situazioni in cui erano l'unico
modo per fermare il massacro di civili innocenti. Ma bisogna evitare di creare odio su
odio. fermarsi a riconsiderare gli strumenti con cui vogliamo combattere questa guerra.
Tagliare i finanziamenti. Non comprare più il petrolio che arriva dai territori occupati
dai tagliagole, un milione di dollari al giorno. Rafforzare l'intelligence, fare un salto
nell'integrazione europea significa anche avere una sola politica di sicurezza e di dife-
sa. Bloccare il traffico delle armi: ci sono triangolazioni con paesi eutopei che favori-
scono i terroristi, ben equipaggiati. Una battaglia culturale sul Web: l'azione di prose-
litismo è senza confini, si muove sulla Rete, serve un'azione di monitoraggio. Infine,
agire sulle cause sociali che spingono i giovani musulmani ad arruolarsi nell'Is. Lo
fanno perchè ci credono o prechè è l'unica ragione di sopravvivenza? Molti di loro
non hanno nulla da perdere. Sono questi i terreni su cui si combatte in modo efficace.
SOLUZIONI COMPLESSE. PER ALCUNI PARTITI, ANCHE ITALIANI, LA RICETTA E'
SEMPLICE: CHIUDERE LE FRONTIERE.
"I rifugiati sono le prime vittime del terrore. Chi vuolew rimandarli indietro fa un regalo
all'Is che si presenterebbe come l'unica protezione. Chi dicew che tutti i musulmani sono
uguali consegna a poche migliaia di miliziani la rappresentanza di miliardi di persone.
Una follia. Si pensa sempre che il nemico venga da fuori, invece è qui, in casa nostra.
Le ricette semplici sono un inganno. E sono anche le meno efficaci. Perchè il terrori-
smoè una minaccia globale, che colpisce ad ogni latitudine: a Parigi come a Beirut,
ad Ankara come a Nairobi".
COSA PENSA DELL'ATTEGGIAMENTO DEL GOVERNO RENZI?
"Il governo ha finora tenuto una posizione ragionevole cheLa condivido. Sullnon può
tradursi a lotta al terrorismo serve senso di responsabilità da parte di tutti. Non si può
usare il terrore per accumulare consenso spicciolo. E l'esigenza di restare uniti non
può tradursi in un appiattimento della dialettica politica, espressa in modo responsa-
bile. I terroristi vorrebbero farci vivere in una società cupa, con le donne chiuse in
casa. Ricordo Kabul dei talebani senza macchine, rumori, musica. Una città spettrale
in cui regnava la morte. La lotta al terrore parte da qui: non intaccare i nostri principi,
non rinunciare alla gioia di vivere.
Lucianone
(da 'l'Espresso' - 26 novembre '15 - Intervista a L. Boldrini / di Marco Damilano)
"E' tornata la parola guerra, ma anche la parola politica". La presidente della Camera
Laura Boldrini ragiona sul dopo-13 novembre dell'Europa e dell'Italia: la battaglia con-
tro il terrorismo e gli strumenti da usare, il no a uno scontro di civiltà, "errore nefasto",
e alla tentazione di chiudere le frontiere, "il miglior regalo che potremmo fare all'Is, l'u-
manità contro il terrorismo "che non deve annullare la normale dialettica democratica".
COME SI COMBATTE QUESTA GUERRA?
"Con la politica. Dopo cinque anni di guerra in Siria ci sono state 250mila vittime, oltre metà
della popolazione è fuori casa forzatamente, ci sono quattro milioni di profughi di cui due in Turchia. In pochi in questi anni abbiamo denunciato questa situazione, era evidente che farla
decantare avrebbe provocato altre sciagure. Ora si è capito che serve un dialogo con tutte le
parti: gli Stati Uniti, la Russia, l'Iran, l'Arabia Saudita, l'Unione africana, la Lega araba, l'U-
nione europea che spero parli con una sola voce. Sia chiaro: con l'Is no, non si tratta. E un
sedicente Stato che Stato non è. non bisognerebbe neppure chiamarlo così. E sfrutta la reli-
gione islamica per il potere, il novantanove per cento dei musulmani non hanno nulla a che
fare con un'entità che usurpa il nome di Dio".
PERO' ANCHE HOLLANDE, UOMO DI SINISTRA, INVOCA LA SOLUZIONE MILITARE
"Le azioni militari senza strategia sono disastrose. Ho lavorato in Afghanistan, oggi i taleba-
ni sono più forti di prima. In Iraq nel 2003 sembrò che il conflitto fosse finito in un mese con
la caduta di Saddam e invece oggi si levano voci come quella di Hillary Clinton e perfino di
Tony Blair che ammettono gli errori. Lo abbiamo visto in Libia. Il mito della guerra-lampo,
dell'esportazione della democrazia con le armi ha portato alle tragedie di questi anni. La
guerra è nefasta, crea odio e disfacimento. Abbiamo seminato odio, abbiamo creato con-
trapposizione, Abbiamo predicato lo scontro di civiltà, l'errore più grave di tutti. Ora pro-
seguire su questa strada sarebbe miopia politica".
COLPA DEGLI OCCIDENTALI? TROPPO BUONISTA PRESIDENTE, SI DIRA'. QUI
CI SPARANO ADDOSSO NEI BAR, IN UNA SALA CONCERTI...
La mia è una posizione realista, non buonista. Non sono mai stata contro gli interventi
militari a prescindere, mi è capitato anche di lavorare in situazioni in cui erano l'unico
modo per fermare il massacro di civili innocenti. Ma bisogna evitare di creare odio su
odio. fermarsi a riconsiderare gli strumenti con cui vogliamo combattere questa guerra.
Tagliare i finanziamenti. Non comprare più il petrolio che arriva dai territori occupati
dai tagliagole, un milione di dollari al giorno. Rafforzare l'intelligence, fare un salto
nell'integrazione europea significa anche avere una sola politica di sicurezza e di dife-
sa. Bloccare il traffico delle armi: ci sono triangolazioni con paesi eutopei che favori-
scono i terroristi, ben equipaggiati. Una battaglia culturale sul Web: l'azione di prose-
litismo è senza confini, si muove sulla Rete, serve un'azione di monitoraggio. Infine,
agire sulle cause sociali che spingono i giovani musulmani ad arruolarsi nell'Is. Lo
fanno perchè ci credono o prechè è l'unica ragione di sopravvivenza? Molti di loro
non hanno nulla da perdere. Sono questi i terreni su cui si combatte in modo efficace.
SOLUZIONI COMPLESSE. PER ALCUNI PARTITI, ANCHE ITALIANI, LA RICETTA E'
SEMPLICE: CHIUDERE LE FRONTIERE.
"I rifugiati sono le prime vittime del terrore. Chi vuolew rimandarli indietro fa un regalo
all'Is che si presenterebbe come l'unica protezione. Chi dicew che tutti i musulmani sono
uguali consegna a poche migliaia di miliziani la rappresentanza di miliardi di persone.
Una follia. Si pensa sempre che il nemico venga da fuori, invece è qui, in casa nostra.
Le ricette semplici sono un inganno. E sono anche le meno efficaci. Perchè il terrori-
smoè una minaccia globale, che colpisce ad ogni latitudine: a Parigi come a Beirut,
ad Ankara come a Nairobi".
COSA PENSA DELL'ATTEGGIAMENTO DEL GOVERNO RENZI?
"Il governo ha finora tenuto una posizione ragionevole cheLa condivido. Sullnon può
tradursi a lotta al terrorismo serve senso di responsabilità da parte di tutti. Non si può
usare il terrore per accumulare consenso spicciolo. E l'esigenza di restare uniti non
può tradursi in un appiattimento della dialettica politica, espressa in modo responsa-
bile. I terroristi vorrebbero farci vivere in una società cupa, con le donne chiuse in
casa. Ricordo Kabul dei talebani senza macchine, rumori, musica. Una città spettrale
in cui regnava la morte. La lotta al terrore parte da qui: non intaccare i nostri principi,
non rinunciare alla gioia di vivere.
venerdì 4 dicembre 2015
Sport - calcio / Coppa Italia 2015-16
4 dicembre '15 - venerdì 4th December / Friday visione post - 11
Risultati delle partite / Quarto turno
Carpi - Vicenza 2 - 1
Sassuolo - Cagliari 0 - 1
IL QUADRO DEGLI OTTAVI
Risultati delle partite / Quarto turno
Carpi - Vicenza 2 - 1
Sassuolo - Cagliari 0 - 1
IL QUADRO DEGLI OTTAVI
Questo il programma completo degli ottavi di finale:
Martedì 15 dicembre:
Genoa–Alessandria ore 19.15
Inter–Cagliari ore 21
Genoa–Alessandria ore 19.15
Inter–Cagliari ore 21
Mercoledì 16 dicembre:
Roma–Spezia ore 14.30
Fiorentina–Carpi ore 16.30
Napoli–Hellas Verona ore 19
Juventus–Torino ore 20.45
Roma–Spezia ore 14.30
Fiorentina–Carpi ore 16.30
Napoli–Hellas Verona ore 19
Juventus–Torino ore 20.45
Giovedì 17 dicembre:
Lazio–Udinese ore 16
Sampdoria–Milan ore 21
Otto partite in tre giorni, fra meno di due settimane. È ufficiale ed è stato comunicato il quadro degli ottavi di Coppa Italia 2015/2016, in programma a cavallo tra martedì 15 e giovedì 17 dicembre. Apre la rivelazione Alessandria, capace di eliminare il Palermo nell'ultimo turno della competizione e impegnata martedì 15 alle ore 19.15 in casa del Genoa, e chiude il Milan, in campo giovedì 17 alle 21 a Marassi contro la Sampdoria. Tredici squadre di Serie A e tre di Serie B ancora in corsa per la finale: debutto stagionale nella competizione per Lazio, Juventus, Inter, Napoli, Roma Genoa, Sampdoria e Fiorentina. Tra tutte le sfide spicca il derby torinese tra Juventus e Torino di mercoledì 16 alle 20.45.
Lucianone
Lazio–Udinese ore 16
Sampdoria–Milan ore 21
Otto partite in tre giorni, fra meno di due settimane. È ufficiale ed è stato comunicato il quadro degli ottavi di Coppa Italia 2015/2016, in programma a cavallo tra martedì 15 e giovedì 17 dicembre. Apre la rivelazione Alessandria, capace di eliminare il Palermo nell'ultimo turno della competizione e impegnata martedì 15 alle ore 19.15 in casa del Genoa, e chiude il Milan, in campo giovedì 17 alle 21 a Marassi contro la Sampdoria. Tredici squadre di Serie A e tre di Serie B ancora in corsa per la finale: debutto stagionale nella competizione per Lazio, Juventus, Inter, Napoli, Roma Genoa, Sampdoria e Fiorentina. Tra tutte le sfide spicca il derby torinese tra Juventus e Torino di mercoledì 16 alle 20.45.
Lucianone
IDEE / riflessioni - I volti dei siriani: quell'umanità nascosta
5 dicembre '15 - venerdì 5th December / Friday
giovedì 3 dicembre 2015
Riflessioni - Le armi da fuoco negli USA / L'aggressione ai manager di Air France
3 dicembre '15 - giovedì 3rd December / Thursday visione post - 14
Sento alla radio un dato impressionante, così impressionante che cerco conferma e la trovo
nella rivista online "Il Post Internazionale". Il dato è questo: la metà dei privati armati del
pianeta Terra abita negli Stati Uniti d'America, a fronte di una popolazione complessiva pa-
ri al 4 per cento di tutti gli umani. Che le stragi per arma da fuoco (ormai quotidiane, e i
morti sono migliaia) siano una specialità di quel grande Paese, è una inevitabile conseguen-
za statistica della concentrazione mai vista al mondo di armi da fuoco nelle case, nelle auto- mobili, nelle mani di chiunque. - Non per infierire, ma di questa vera e propria passione
per gli spari e per il piombo che trapassa le carni degli altri c'è abbondante, anzi esondante
prova in una produzione iconografica ormai sterminata. Il rapporto tra le armi che ho ef-
fettivamente vistoisto nei film e telefilmnella vita reale (pochissime) e quelle che ho visto
nei film e nei telefilm americani è, forse, di uno a un milione. Dall'infanzia in qua, dai pri-
mi western con Gary Cooper fino a Tarantino, la mia retina è crivellata da miliardi di spari,
nella quasi totalità made in Usa. Non per moralismo ma per saturazione, diciamo per over-
dose da piombo, confesso di desiderare, nel proseguio della mia vita da spettatore, il disar-
mo integrale. Mi sento come quei cani che a Capodanno, al primo sparo, si nascondono
sotto il tavolo.
(da la Repubblica - 03/10/'15 - L'AMACA / Michele Serra)
Le immagini (orribili) dell'aggressione ai due manager di Air France, rese stentore e, da
quel moltiplicatore di emozioni che sono i media, hanno un solo merito. Ci ricordano che
la lotta di classe esiste e non sempre è mediata dalla civiltà e dal rispetto. E' un meccani-(quasi)smo profondissimo di ogni società umana. Negli ultimi anni le tracce de conflitti
sociali, in Europa, si sono rarefatte fino (quasi) all'estinzione. Qualche capannello vo-
ciante in televisione, qulache immagine epica di minatori barricati o di operai sospesi su
una gru, ma su tutto una patina uniforme di concordia non sempre sincera, spesso ipo-
crita, falsa come il cerone che nasconde i lineamenti. Si chiama "rimozione", e gli psica-
nalisti insegnano che non fa bene.
Se alle radici della pace sociale ci fosse maggiore giustizia, minore sperequazione di red-
dito, potremmo anche farcene una ragione. Ma sappiamo che così non è. La famosa for-
bice tra ricchezza e povertà si è allargata; le forme intermedie di rappresentanza, politi-
ca e sindacale, si sono indebolite; e dunque non esiste fondata ragione per meravigliarsi
di sbocchi d'ira irragionevoli e detestabili come quello di un drappello di linciatori che
si accanisce su uno solo. Riconoscere il conflitto sociale, ridargli spazio politico e parole
(nuove) di identità, è il solo modo per dare forme civili, nonchè sbocchi plauisibili, alla
lotta di classe.
(da la Repubblica - 07/10/'15 - L'AMACA / Michele Serra)
Lucianone
Sento alla radio un dato impressionante, così impressionante che cerco conferma e la trovo
nella rivista online "Il Post Internazionale". Il dato è questo: la metà dei privati armati del
pianeta Terra abita negli Stati Uniti d'America, a fronte di una popolazione complessiva pa-
ri al 4 per cento di tutti gli umani. Che le stragi per arma da fuoco (ormai quotidiane, e i
morti sono migliaia) siano una specialità di quel grande Paese, è una inevitabile conseguen-
za statistica della concentrazione mai vista al mondo di armi da fuoco nelle case, nelle auto- mobili, nelle mani di chiunque. - Non per infierire, ma di questa vera e propria passione
per gli spari e per il piombo che trapassa le carni degli altri c'è abbondante, anzi esondante
prova in una produzione iconografica ormai sterminata. Il rapporto tra le armi che ho ef-
fettivamente vistoisto nei film e telefilmnella vita reale (pochissime) e quelle che ho visto
nei film e nei telefilm americani è, forse, di uno a un milione. Dall'infanzia in qua, dai pri-
mi western con Gary Cooper fino a Tarantino, la mia retina è crivellata da miliardi di spari,
nella quasi totalità made in Usa. Non per moralismo ma per saturazione, diciamo per over-
dose da piombo, confesso di desiderare, nel proseguio della mia vita da spettatore, il disar-
mo integrale. Mi sento come quei cani che a Capodanno, al primo sparo, si nascondono
sotto il tavolo.
(da la Repubblica - 03/10/'15 - L'AMACA / Michele Serra)
Le immagini (orribili) dell'aggressione ai due manager di Air France, rese stentore e, da
quel moltiplicatore di emozioni che sono i media, hanno un solo merito. Ci ricordano che
la lotta di classe esiste e non sempre è mediata dalla civiltà e dal rispetto. E' un meccani-(quasi)smo profondissimo di ogni società umana. Negli ultimi anni le tracce de conflitti
sociali, in Europa, si sono rarefatte fino (quasi) all'estinzione. Qualche capannello vo-
ciante in televisione, qulache immagine epica di minatori barricati o di operai sospesi su
una gru, ma su tutto una patina uniforme di concordia non sempre sincera, spesso ipo-
crita, falsa come il cerone che nasconde i lineamenti. Si chiama "rimozione", e gli psica-
nalisti insegnano che non fa bene.
Se alle radici della pace sociale ci fosse maggiore giustizia, minore sperequazione di red-
dito, potremmo anche farcene una ragione. Ma sappiamo che così non è. La famosa for-
bice tra ricchezza e povertà si è allargata; le forme intermedie di rappresentanza, politi-
ca e sindacale, si sono indebolite; e dunque non esiste fondata ragione per meravigliarsi
di sbocchi d'ira irragionevoli e detestabili come quello di un drappello di linciatori che
si accanisce su uno solo. Riconoscere il conflitto sociale, ridargli spazio politico e parole
(nuove) di identità, è il solo modo per dare forme civili, nonchè sbocchi plauisibili, alla
lotta di classe.
(da la Repubblica - 07/10/'15 - L'AMACA / Michele Serra)
Lucianone
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