domenica 28 giugno 2020

Società / Italia - Liliana Segre: l'incontro con gli studenti della Lombardia

28 giugno '20 - domenica                             28th June / Sunday                     visione post - 2

(da la Repubblica - 21 gennaio '20 - di Zita Dazzi)
Liliana Segre: "I nazisti erano i bulli di allora"
"Siete fortissimi, siete portatori di vita". "Non cadete nell'indifferenza e siate capaci di pietà, di pro- teggere i vostri genitori quando sono deboli e soffrono".  Imparate  a "fare silenzio qualche volta", a "stare soli, magari di sera, con la vostra coscienza per prendere le scelte giuste". Provate qualche volta a capire "che cosa vuol dire il freddo, la fame, soprattutto quando fate  il viaggio della Memoria. Non si vada mai 'in gita' ai campi di sterminio".
Che farà un discorso "come una nonna ai nipoti", Liliana Segre, 90 anni, lo dice subito, quando si 
presenta ai 2.400 studenti di tutta la Lombardia riuniti a Milano,, al teatro degli Arcimboldi, nella
periferia moderna e universitaria della Bicocca. Quello che intona  è un potente  inno alla vita, in
collegamento streaming con migliaia di classi di tutta Italia.  Spiega che "quelli di Auschwitz era-
no i bulli di allora. Non gli odiatori da tastiera di oggi, ma professionisti dell'odio. Uomini norma-
li che si ritenevano superiori. così sono i bulli: bisogna compiangerli.  E' il bullo che va curato, e
non la vittima, che deve essere coraggiosa e denunciare, mentre gli altri non devono essere indif-
ferenti e stare col bullo solo perchè lui urla più forte".
Un discorso fatto davanti alla ministra dell'istruzione Lucia Azzolina, che prende un impegno so-
lenne: "Siamo noi la sua scorta, tutta la scuola si onora  di essere la scorta  contro ogni rigurgito
negazionista e fascista e contro ogni odio e nella difesa della Costituzione italiana". La senatrice 
a vita inizia il racconto dai suoi 13 anni, quando venne espulsa per le leggi razziali dalla scuola
media di via Ruffini, nell'indifferenza delle sue amichette. Guardando a quella montagna di do-
lore riesce a sorridere: "A me dispiace da matti avere novant'anni e sapere che ne ho pochi an-
cora davanti. Anche se gli odiatori ogni giorno mi augurano di morire, mi dispiace tantissimo
di dover abbandonare la vita.  Perchè la mia vita mi piace moltissimo". I ragazzi la ascoltano
in un silenzio assoluto per un'ora e mezza, prima di dedicarle una lunga standing ovation con
i cuori disegnati sui cartelli gialli. Liliana declina  il suo racconto  in una chiave contempora-
nea: "Oggi c'è la tendenza a tenere gli adolescenti sotto una teca, ma io voglio dirvi, ragazzi:
voi avete tutta la forza della gioventù. Dovete imparare che si può aspettare domani  e non 
avere subito tutto.Che non bisogna mai sprecare il cibo, perchè il cibo è sacro, come sa chi
ha patito la fame. Dovete imparare a voler bene e l'importanza di parole come fratellanza e 
pietà. Siete più forti dei vostri genitori: non aggrappatevi a loro, ma siate voi forza per loro".
La storia della bambina che viaggia nel carro bestiame assieme agli ebrei che piangono e 
pregano, tenendo per mano suo papà che finirà nel camino, strappa le lacrime della platea.
Lei sa quali episodi narrare per farsi capire: "Gli amici veri sono quelli che ti stanno vicino
quando sei solo, quando sei in disgrazia, povero, escluso. Non quando sei ricco e famoso.
Noi ne avemmo pochissimi, eroici. Grazie a loro  ho qualche ricordo  non tragico, che mi 
ha aiutato a continuare a sperare e a capire che l'essere umano è variegato".
Il suo è un messaggio di speranza, un auspicio per il futuro: "Quando sono diventata nonna
ho imparato a non odiare più nemmeno i ragazzi tedeschi che ci avevano insultato, che ave-
vano bevuto il nazismo nel latte delle loro madri.  Mi scoprii diversa, pronta  a  fare  il mio 
dovere di testimone senza usare mai la parola odio e vendetta, solo così ero utile. A 14 anni, 
dopo la liberazione dal campo, avrei potuto sparare al mio carnefice in fuga. Ma capii che io
non ero il mio assassino, che non avrei mai potuto uccidere nessuno. Non raccolsi quella pi-
stola e da quel momento sono diventata quella donna libera e di pace che sono adesso".

Lucianone

venerdì 26 giugno 2020

Nuove riflessioni Del Venerdì - Il mondo poliziesco e violento che ci aspetterà domani... ?

26 giugno '20 - venerdì                                  26th June / Friday                     visione post -      



SPORT - calcio / Serie A - 27^ giornata 2019/20

26 giugno '20 - venerdì                              26th June / Friday                       visione post - 3

Risultati delle partite
Fiorentina   1     Lecce   1     Bologna    0     Spal         0     H. Verona   0     Genoa   1
Brescia        1      Milan   4     Juventus   2     Cagliari    1     Napoli        2      Parma   4

Torino      1     Inter           3     Atalanta   3     Roma           2
Udinese   0     Sassuolo   3     Lazio       2     Sampdoria   1

CLASSIFICA
Iuventus   66  /   Lazio   62  /   Inter   58  /   Atalanta   54  /   Roma   48  /   Napoli   42  /
Milan, Parma   39  /   H. Verona   38  /   Cagliari   35  /   Bologna   34  /   Sassuolo   33  /
Fiorentina, Torino   31  /   Udinese   28  /   Sampdoria   26  /   Genoa, Lecce   25  /   Spal   18  /
Brescia   17

Lucianone.


LIBRI - "Dalmar. La disfavola degli elefanti" di Kaha Mohamed Aden

26 giugno '20 - venerdì                              26th June / Friday                           visione post - 3

(da La Lettura / Corriere della Sera - 7 giugno '20 - di Itala Vivan)
Anche gli elefanti sono profughi
Il destino dell'esule è commemorare la patria perduta e raffigurarsela, ricreandola. Così accade
anche a Kaha Aden con la sua Somalia da cui è fuggita  adolescente  per stabilirsi in Italia, en-
trando in una nuova patria in una seconda lingua nella quale ama raccontare storie. L'ultima di
queste, Dalmar. La disfavola degli elefanti (Unicopli), narra le avventure di un branco di elefan-
ti fuggiaschi da una terra tropicale minacciata da ombre di guerra, e fortunosamente approdati
su un'isola sconosciuta, popolata da orsi e api.  L'isola è, da sempre, il luogo letterario dove si
colloca l'utopia, appunto non-luogo, ossia luogo fittizio d'un mondo immaginario narrato allu-
sivamente e con un doppio livello di riferimento, in modo da offrire motivo di riflessione criti-
ca sul reale pur mentre intrattiene e diverte il lettore trascinandolo in vicende curiose e sor-
prendenti situate in una dimensione ironicamente immaginaria.
Questo schema strutturale si presta in modo particolarmente felice alla vena narrativa di Kaha
Aden, dando libero spazio  alla sua invenzione  giocosa e sorridente e, allo stesso tempo, isti-
tuendo una solida piattaforma concettuale su cui misurare gli eventi e i personaggi, per ripor-
tarli con sottintesa astuzia a fatti del ricordo e della storia. per identificarli, cioè, attraverso la
memoria della sua Somalia, suggerendo con tranquilla serietà un obliquo monito per il presen-
te e il dovunque.
Il lettore si ritrova all'interno di una movimentata favola che cattura l'attenzione con il ritmo 
scatenato e balzano, sempre imprevedibile, e la capacità di giocare con luoghi, eventi e per-
sonaggi creando intrecci avvincenti. Una favola che si compone in un lieto fine, ma si tiene
in equilibrio sul bordo oscuro dell'abisso ed è insidiata da ombre e minacce, mentre il suo 
rovescio, celato o meglio sottinteso, allude al disordine e alla guerra. perciò viene definita
"disfavola", come una medaglia a due facce, un racconto di mondi e personaggi immagina-
ri che suggeriscono la possibilità del proprio contrario, ossia di una realtà terribilmente ne-
gativa.
Dalmar, che dà il titolo al libro. è un vispo cucciolo di elefante che trasmette alla vicenda
una briosa vivacità di monelleria infantile. Insieme alla madre, la sbadata elefantessa Bilan,
e alla zia Idman, capobranco e guida avveduta degli elefanti fuggiaschi, Dalmar si salva dal
naufragio grazie al provvidenziale aiuto di un gruppo di allegri dugonghi che a nuoto trasci-
nano gli elefanti a riva.  E' grazie a lui  che avviene il contatto  con gli abitanti locali, api e 
orsi, unici sopravvissuti a una guerra di liberazione ferocemente distruttiva: ecco la prima 
aperta allusione alla Somalia dilaniata dagli scontri interclanici dei signori della guerra do-
po la cacciata del dittatore Siad Barre nel 1991. Gli elefanti scopriranno la terribile realtà
dei massacri - avvenuti nel passato e sepolti nel silenzio complice di tutti gli orsi - durante
la traversata della foresta, quando incontrano le ombre in pena delle vittime.  Il loro cam-
mino si trasforma così in una sorta di discesa agli inferi che li condurrà alla compassione,
grazie all'intervento  di un saggio e antico animale, la lumaca Babulusha, la quale rivela
a Idman gli orrori della storia. - Da questo momento in poi il filo della narrazione è sco-
pertamente duplice, e continui riferimenti richiamano la storia della Somalia, che Kaha
Haden intende riportare alla luce, disseppellendo le memorie della guerra civile che ha
straziato il Paese e distrutto lo stato negli scontri fra clan e sottoclan iniziati dal clan de-
gli Hawiye contro quello dei Darrod. Il brivido di orrore suscitato dal resoconto di Ba-
bulusha si acquieta dinanzi alle lacrime di Idman, ma non verrà più dimenticato: poi-
chè gli elefanti  sono il simbolo  della linga memoria, e perciò sono stati scelti come.
protagonisti principali della disfavola.
E' una lunga tradizione della favola, quella dei personaggi animali che adombrano gli umani nei
loro comportamenti, come testimoniano gli esempi di Esopo e Fedro nell'antichità classica e, in
un tempo a noi vicino, l'indimenticabile, distopica Fattoria degli animali  di George Orwell.
Ma in Africa la presenza dei personaggi animali  è ancora vivissima  nella tradizione orale che
Kaha aden riprende piegandola con grazia ai propri intenti, ma anche al gioco del divertimento
che determina la costruzione narrativa.  Se gli elefanti, grandi e saggi, dimostrano l'importanza
della coesione sociale  e  la necessità della condivisione responsabile  dell'autorità di governo, 
gli orsi non risalgono certo  alla tradizione africana, e suscitano  l'idea di una latente brutalità
mascherata da apparente bonomia. Gli orsi della disfavola si riveleranno  potenzialmente ag-
grassivi e legati all'appartenenza clanica: ma proprio per questo debbono venir costretti a ri-
cordare il proprio passato di violenza.  Poi ci sono le api, in tregua armata con gli orsi, rette
con ferrea disciplina dalla illuminata regina Bilquis  che sovrintende  a stuoli di api operaie
contrassegnate da semplici numeri. Di tutti gli animali che popolavano un tempo l'isola, so-
no rimasti solo questi, insieme a topi e ratti. Gli altri sono stati sterminati, perchè diversi.
Se si entra nel gioco dei rimandi alla storia della Somalia, il discorso sui crimini della guer-
ra civile appare evidente, corroborato da frequenti accenni  alla "guerra leggera"  e al ruolo
di Usa e Urss nella vicenda nazionale somala.
Non si vuole ripercorrere qui la complessa trama di questo bel libro, che vede elefanti e orsi 
darsi a strani banchetti a base di salmone, discutere accordi di buon vicinato, e quindi impe-
gnarsi in scambi di cortesie volte a proteggere gli uni e gli altri dal sopraggiungere del nevo-
so inverno, stagione inedita per i giganteschi animali africani.  L'implicita esortazione alla
collaborazione nella diversità risuona  in chiari accenti  nelle immagini di Kaha Aden che
chiude la sua disfavola  con il piccolo Dalmar  che si proclama  felice  di andare "a casa",
avendo ormai accettato la nuova patria, l'isola nuova che si trasforma  in un territorio  di
sicuro rifugio capace di accogliere dei profughi sfuggiti alla guerra.

Lucianone

mercoledì 24 giugno 2020

L'Opinione del Giovedì - Gli Stati Uniti di George Floyd, covid americano e la resa dei conti per D. Trump

18 giugno '20 - giovedì                         18th June / Thursday                           visione post - 3

Io personalmente ho sempre amato gli Stati Uniti d'America: 
ma quelli della contestazione  alla guerra americana contro il Vietnam, quelli dei due fratelli
Kennedy (Fitzerald e Bob), quelli del reverendo Martin Luther King "I have a dream"), cioè
quelli del Sogno americano e quelli della Democrazia, intesa come giustizia  prima  di tutto
sociale tra gli esseri umani, di qualunque colore e genere, di qualsiasi provenienza socio/
economica ma con l'obiettivo di colmare sempre più la differenza (spesso abissale) tra ricchi
e poveri, insomma una democrazia chiaramente di sinistra, mettendola sul piano politico.
Ma sappiamo che l'unico presidente americano che avrebbe potuto essere in grado - e che in
verità è sembrato in certi purtroppo rari momenti essere in grado - di ripristinare (almeno in
parte) quel "Sogno" interrotto con le morti di M. L. King e dei due Kennedy, è stato il primo
presidente di colore Barack Obama che passò due mandati e perciò per otto anni ebbe in ma-
no il governo degli States alla Casa Bianca. Con Obama al timone gli afroamericani avevano
riposto molte speranze. Di cambiamento, soprattutto sul problema razziale mai veramente ri-
solto. E tutti noi occidentali progressisti e di sinistra avevamo sperato tanto in lui. Di colore.
Un presidente finalmente di colore o abbronzato, come diceva il nostro ironico cavaliere.
Ma niente. Niente di veramente risolutivo sul piano dei diritti dei neri, della parità razziale
definitiva. Anzi, Obama alla fine è andato a deludere tutti i suoi concittadini afroamericani:
lo ha fatto, come dimostrato dal docu-film di Roger Moore, col tradimento dell'acqua inqui-
nata, bevendo nel bicchiere di Giuda il veleno propinato ai neri dei sobborghi di Chicago.
Ha tradito il suo popolo. Che gli ha giustamente voltato le spalle. 
E così è arrivato al potere il presidente repubblicano più bullo di tutti i presidenti degli Stati
Uniti messi assieme: un certo Donald, non dei mercati McDonald's, ma quasi: Trump detto
Donald. Populista, razzista, fiancheggiatore dei suprematisti e di tutte le destre americane,
amico dei populisti sudamericani come Bolsonaro ed europei come il nostro Salvini, Trump
è anche amico delle fake news più sgangherate e amante del "Law and order" con cui ha 
governato ultimamente tutti gli avvenimenti-sconvolgimenti riferiti al caso di George Floyd.
A Minneapolis, Minnesota, il 25 maggio 2020 - data che rimarrà nella storia degli Usa come
una lapide a futura memoria - l'afroamericano George Floyd muore, dopo che un agente fe-
derale gli tiene premuto il ginocchio sul collo per 8 minuti durante un arresto. Il video viene
visto in Rete e poi in Tv in tutto il mondo, e hanno subito inizio nel Minnesota le prime pro-
teste degli afroamericani e di consistenti gruppi e movimenti di bianchi americani che mar-
ciano per le vie della cittadina accompagnati dallo slogan del movimento (già nato in prece-
denza) "Black Lives Matter", cioè 'Le vite dei neri contano'. Dal primo di giugno le proteste
dilagano e si allargano a tutti gli Usa. Per sedarle il presidente Donald Trump minaccia di
dispiegare l'esercito.
E così il problema razziale, che sotto le ceneri è sempre covato negli Usa e che nè la Guerra
civile tra nordisti e sudisti nè diritti civili mai effettivamente messi in pratica a livello di raz-
za sono mai riusciti a risolvere definitivamente  con l'integrazione autentica di americani  e
afroamericani, ora è esploso in tutta la sua deflagrazione dopo i continui omicidi spesso an-
che giornalieri degli agenti federali e dei poliziotti dei vari Stati confederali  avvenuti negli
ultimi anni e, appunto, con sempre maggiore frequenza. A ciò si aggiunga la grave crisi eco-
nomica e di conseguenza sociale data dalla pandemia per coronavirus che in America è an-
data aggravandosi di giorno in giorno per l'atteggiamento superficiale del governo americano
e di Trump in particolare.










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sabato 13 giugno 2020

SCIENZE / Era spaziale - La sfida di SpaceX e del suo creatore Elon Musk

13 giugno '20 - sabato                                   13th June / Saturday                       visione post - 2

(da Corriere della Sera - 31 maggio '20 - Giovanni Caprara)
Le nuvole su Cape Canaveral non sono riuscite questa volta a bloccare il ritorno nello spazio degli astronauti della Nasa dal suolo americano. E Robert Behnken (50 anni) e Douglas Hurley
(54 anni) sono volati in orbita sulla loro navicella bianca Crew Dragon. "Vi aspettiamo sulla stazione spaziale internazionale" aveva twittato il cosmonauta Ivan vagner dalla casa cosmica poche ore prima del lancio avvenuto alle 21.22 (ora italiana). Gli americani aspettavano da nove anni che accadesse, da quando videro salire  dalla stessa rampa di lancio 39A l'ultimo shuttle  Atlantis.  Poi arrivava Elon Musk che affittava la stessa storica rampa dalla quale sono partiti i conquistatori della Luna e l'adattava ai suoi razzi Falcon 9 per lanciare satelliti, navicelle per i rifornimenti della ISS e ora anche gli astronauti. E la missione più ambita, "storica" per il co-
smo sotto diversi aspetti, è finalmente arrivata aprendo un nuovo corso nelle attività spaziali.
Forse il segno più evidente erano le candide tute indossate dai due astronauti che assumevano quasi un'immagine da fantascienza. Non a caso Musk per realizzarle si era rivolto a Jose Fer-
nandez, noto stilista  di Hollywood che aveva disegnato anche i costumi per i supereroi.
La navicella è una sorta di robot volante perch compie il viaggio in completa autonomia, an-
che se gli astronauti possono intervenire se qualche cosa non funzionasse. Altrettanto autono-
mamente si aggancerà (oggi) alla stazione Iss dopo una giornata di intenso lavoro  per i due
collaudatori cosmici impegnati a verificare i comportamenti della loro astronave, al fine  di
assicurare i futuri impieghi commerciali. Non a caso entrambi hanno l'esperienza di due vo-
li sugli shuttle, una formazione da ingegneri, e Douglas Hurley era a bordo dell'ultimo shut-
tle nel 2011. Ora è ritornato in orbita  quasi a significare una continuità mai interrotta.
Per la Nasa è l'uscita dalla fase più nera perchè dopo aver speso cento miliardi di dollari per
costruire la stazione non aveva più un veicolo per arrivarci e doveva  pagare  biglietti salati
all'agenzia spaziale russa per salire sulle navicelle Soyuz. Per l'ultimo volo che ha affittato 
per quest'anno ha versato 90 milioni di dollari per un solo posto. Ma dal 2014 l'accordo si-
glato con Musk e con la società Boeing ha permesso la costruzione  delle prime due navi-
celle private che forniranno i collegamenti alla Iss quando servono ppagando solo la tarif-
fa del viaggio non più preoccupandosi della gestione dell'astronave.
Crew Dragon rimarrà agganciata alla stazione da uno a quattro mesi a seconda di come
andranno i collaudi anche se nelle future missioni potrà restare lassù molto di più, fino
a 210 giorni. E se tutto andrà bene entro l'anno inizieranno le sei spedizioni di servizio
per le quali Musk ha già ricevuto 2,6 miliardi di dollari. E per la prima si stanno già ad-
destrando quattro astronauti. Altrettanto accadrà con la navicella Starliner della Boeing
che presto seguirà la strada di Crew Dragon. Ma il volo è storico perchè le nuove astro-
navi aprono le porte dello spazio al mondo civile e commerciale. E intanto Musk lavora
per portarci anche su Marte.

Lucianone

mercoledì 10 giugno 2020

Libri - "Sognando Rania" di Lucia Pozzi: incontro della scrittrice e freelance con la regina

10 giugno '20 - mercoledì                              10th June / Wednesday                    visione post - 6

(da Corriere della Sera - 31 maggio '20 - Narrativa / di Carlo Baroni)
I cronisti sono come i calabroni. Non credono alle leggi della fisica. Volano contro ogni logica.
Planano su storie incredibili. Incontrano gente impensabile. Presidenti e briganti. Terroristi e fi-
nanzieri. Poeti e cantanti. E qualche volta il confine tra le due categorie si distingue a fatica.
Per un giornalista non esiste l'intervista impossibile. provarci sempre è un istinto prima che un
dovere.  Sara, la protagonista di Sognando Rania (Golem edizioni), il nuovo libro - il prima ro-
manzo - di Lucia Pozzi, si è messa in testa di arrivare a mettere il suo taccuino davanti alla re-
gina di Giordania. Senza aiuti. Senza bigliettini da visita per aprire le porte del palazzo. Solo
con l'incoscienza e la faccia tosta.. E la passione. 
La giordania la affascina. Un'attrazione fatale. Rania è l'epicentro di un mondo desiderato. Un
diadema che illumina senza abbagliare. Una bellezza che viene da dentro. Regina senza biso-
gno di ostentare corone o sangue blu. Il viaggio di sara è un biglietto di speranza. Un aggancio
ad Amman. L'amico di un'amica. Mai visto. E sentito solo per mail.  Un'intervista già venduta
a un importante settimanale senza averne parlato con la diretta interessata. I rischi non si calco-
lano. Sennò sono solo azzardi. Sara ci crede sempre. E qualche volta mai.
Quando sbarca in Giordania ha capito che ne è valsa la pena. Comunque vada. Amman è come
la pensava . L'Oriente dei libri. E le pagine non sbagliano mai. Lei lo sa. Ci lavora tra giornali
e volumi. Fa la cronaca freelance (il salario è una variabile indipendente) e la libraia. O meglio,
dà una mano al proprietario, un anziano signore napoletano, a trovare acquirenti per i suoi tomi
antichi. Essere circondati dalla bellezza aiuta.  L'imprinting con il Medio Oriente si chiama Ja-
ber, il factotum dell'amico, Paolo, che la ospiterà. Autista, confessore, filosofo, Jaber è leale e affidabile. E' sua l'auto che spunta dal caos quando Sara perde ogni speranza di taxi. E' lui l'an-
ticamera che la porta a Paolo. L'italiano indecifrabile e affascinante. Il tesoro nascosto. Che si
un matrimonio sbagliato e un Paese incerto alle spalle. Per Sara  quello  con Paolo  è un senti-
mento ad andamento lento. Un guardarsi curiosi, capire di capirsi. Per provare  a spiegare  "il
 complesso meccanismo che governa l'armonia del loro amore". paolo è un uomo senza tem-
po e luogo. Forse non sa ancora cosa fare della sua vita. Forse altri avevano deciso per lui.
La casa di Paolo è un teatro con tutti attori non protagonisti. Forse perchè ognuno ha storie 
da copertina. Storie di ferite nel corpo e nell'anima. Di sottomissione e di riscatto. Di donne.
venute da lontano e anche da dietro l'angolo. Tutte  con la stessa  serena determinazione  di
quelle che, invece, la vita è stata senza spigoli. Come Nina: il flebile, ma solido, filo che por-
ta fino a Rania. La regina che è presente sulle pareti e nei cuori. La luce, che in Oriente vuol
dire tutto, per credere che il futuro è una giornata da vivere senza paura. Regina dentro senza
bisogno di una corona che la imponga al mondo. Regina perchè non ha sudditi, ma un popo-
lo, la sua gente. Bella come chi ha avuto un dono e allora non c'è da menar vanto.
Nina lavora nello staff della comunicazione della sovrana hashemita. Tutte le richieste di in-
tervista passano da lei. Uno sbarramento intelligente. Non si fa suggestionare da nomi e te-
stata. Guarda in faccia l'interlocutore. Lavora d'istinto. Fa così anche con Sara. Senza darle
illusioni. E' solo cortese. Una gentilezza che non è di facciata. Ma la giornalista italiana è
convinta che sia l'ultimo step del suo sogno. Oltre non si può andare. Sara di più non può
chiedere. La Giordania le ha già regalato tanto. Rania sarebbe il tutto. Ma la vita è un film
con un canovaccio impossibile da imparare prima. Qualcuno lo chiama destino. In Medio
Oriente si affidano al volere misterioso, ma giusto, di qualcuno che sta più in alto. E sus-
surrano fiduciosi: Inshallah.

Lucianone

sabato 6 giugno 2020

Cultura / ARTE - "Un artista chiamato Banksy": mostra a Ferrara (fino al 27 settembre)

6 maggio '20 - sabato                                6th May / Saturday                               visione post - 3

(da laLettura / del Corriere della Sera - 31 maggio '20 - di Stefano Bucci)
Banksy all' assalto di Ferrara
Le opere degli inizi e gli stencil di oggi: 130 pezzi raccontano
l'artista senza volto. Aperta a Palazzo dei Diamanti di Ferrara,
l'esposizione attinge a collezioni private.

Un artista chiamato Banksy
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Imperscrutabile e irraggiungibile come Greta Garbo: di lui si sa solo che potrebbe essere nato a Bristol, nel Sudovest    
dell'Inghilterra, forse nel 1974. Un maestro senza volto: anche se qualcuno lo identifica di volta in volta  con Robert
Cunningham, già studente della Bristol Cathedral Choir School, o con Robert Del Naja, musicista  e  performer dei 
Massive Attack. Una griffe dell'Srte contemporanea capace  di raggiungere quotazioni iperboliche : 11,1 milioni di 
euro era stato pagato nel 2019 da Sotheby's a Londra il suo grande dipinto a olio Devolved Parliament  (un Parla-
mento con gli scimpanzè al posto dei deputati del regno Unito); 1,25 milioni di euro aveva invece incassato lo scor-
so 27 marzo l'asta (sempre da Sotheby's) delle sue stampe.
Tra gesti estremi (la distruzione in diretta  dopo l'ennesima quotazione record  della sua Girl with Balloon, secondo
un sondaggio "l'opera d'arte contemporanea più amata in Gran Bretagna") e tracce disseminate con perizia (lo stencil
creato alla vigilia dell'apertura della Biennale di Venezia nel 2019), il mito di Banksy non sembra conoscere crisi.

Così, mentre si è appena chiusa al Palazzo Ducale di Genova la mostra Il secondo principio di un artista chiamato
Banksy (con una proroga andata esaurita in pochi minuti), il Palazzo dei Diamanti di Ferrara ospita ora Un artista 
chiamato Banksy.   L'esposizione, da tempo in programma ma slittata a causa dell'emergenza Covid, aperta al pub-
blico fino al 27 settembre ("fortemente consigliata" la prenotazione sul sito), è curata da Stefano Antonelli, Gianlu-
ca Marziani e Acoris Andipa, ideata e prodotta da MetaMorfosi Associazione Culturale, in collaborazione con la
Ferrara Arte del presidente Vittorio Sgarbi, che assicura: "sarà la più bella mostra della riapertura". Quella che (tra
l'altro) sigla il ritorno alla "normalità" del Palazzo dei Diamanti (in attesa dei previsti interventi di restauro)  e  del
sistema museale di Ferrara. - Un ritorno che, oltretutto, segna anche un cambio di passo nel progetto culturale: dal-
le mostre evento dedicate a Chardin (2010-2011), a Zurbaràn (2013-2014), a Boldini (2015-2016), all'Orlando Fu-
rioso e all'Ariosto (2016-2017), a Courbet e la natura (2018-2019) a De Nittis (2019-2020) fino, appunto, alla con-
temporaneità secondo Bansky (con tanto di citazione nel manifesto del fantastico bugnato della facciata rinascimen-
tale di Biagio Rossetti).
Un artista chiamato Banksy

Dunque un omaggio appassionato non tanto a un generico street artist ma al più grande artista globale del nuovo millennio. E al geniale modello
di tutta una nuova generazione (ispirata ma anche consapevolmente impegnata nel sociale) di giovani urban artist. Proprio a Banksy fa, ad esem-
pio, esplicito riferimento Lockdown / Social, il nuovo intervento appena inaugurato a Forio d'Ischia da Mimmo Di Caterino.
Soltanto il ben più mediatico e glamorous Damien Hirst può oggi reggere il confronto con Banksy, mentre la popolarità e le quotazioni di Banksy 
sembrano piuttosto ispirarsi al "maestro " Andy Warhol: anche lui fulminante esempio di celebrità di un autore vivente sia pure, per quel che ri-
guarda Andy, molto più presente e visibile tra vernissage, cocktail, mondanità. Per Pietro Folena, presidente di MetaMorfosi, la mostra di Palaz-
zo dei Diamanti è comunque molto di più: "Produrre, aprire e visitare  questa esposizione dedicata all'approfondimento  e  alla conoscenza del-
l'artista più controcorrente  su scala globale, proprio nei primi giorni della fase 2, rappresenta un atto di amore, di coraggio e di speranza nei con-
fronti dei valori dell'arte e della cultura, dopo mesi di dolore e di difficoltà".
Ancora una volta a parlare, al posto dell'artista inglese (che nessuno ha mai visto e di cui nessuno conosce il viso), saranno le sue opere. Anche
se, spiegano i curatori, "Banksy non è in alcun modo coinvolto in questa mostra e il materiale per questa esposizione  proviene interamente da
collezioni private". Precisazione ulteriore: "Il suo ufficio è stato comunque informato".  Il motivo di questo gran rifiuto  dell' art system da par-
te di Banksy, che al momento non risulta rappresentato da nessuna galleria? "Infrangere le regole, smascherando i meccanismi del mercato". 
Con le sue opere "di inaudita potenza etica, evocativa", Banksy rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art originaria (e Warhol compare 
ancora una volta tra i suoi possibili modelli). L'unico che ha saputo mettere in connessione le migliori radici del pop, la cultura hip hop più d'a-
vanguardia, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale. In un immaginario semplice  ma  non elementare  (Gangsta Rat,
2004; Grannies, 2006) che racchiude messaggi "popolari" e senza tempo sui temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale  e della
libertà, insomma "sui paradossi del nostro tempo". E che arriva direttamente al cuore delle persone, mettendo in discussione concetti "di classe"
come l'unicità, l'originalità, l'autorialità.
L'opera raffigura un bambino che gioca con dei fiocchi di plastica fusa

Centotrenta tra opere e oggetti (dalle t-shirt alle copertine dei vinili, dalle banconote Banksy of England ai poster) in un percorso 
espositivo che di fatto dà conto della sua intera produzione. Vent'anni di attività, dai dipinti  della primissima  fase  della carriera
(Lab Rat del 2000 realizzato in spray e compensato è una delle riscoperte della mostra) alla recentissima scultura Mickey Snake
con Topolino inghiottito da un pitone. E poi gli stencil e le serigrafie "che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi"
e che spesso riproducono i suoi interventi all'aperto. -  Per qualcuno sono veri e propri affreschi popolari.  Come Love is in the Air che riproduce lo stencil apparso nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare  israeliani e palestinesi. O come
quella Virgin Mary (o Toxic Mary) sempre nel 2003 che rielabora "cultura rinascimentale e concetto di religione".  Altro che
street art: oltre la street art.
Banksy Love is in the Air (Flower Thrower)
Love is in the Air

Lucianone

giovedì 4 giugno 2020

Ultime notizie - dall' Italia e dal Mondo / Latest news

4 giugno '20 - giovedì                             4th June / Thursday                               visione post - 8

ITALIA - Coronavirus
Al minimo i nuovi positivi: nelle ultime 24 ore solo 177 contagi
88 i decessi e nessun morto in 6 regioni. Otto regioni senza contagi
Lombardia: 29 morti e 84 nuovi casi con soli 3,410 tamponi. Sempre
in Lombardia quasi un nuovo caso su due.
ROMA - Solo 177 nuovi contagi da coronavirus individuati nelle ultime 24 ore. Dal primo marzo, quando hanno iniziato a crescere in maniera esponenziale, non era mai stato così basso l'incremento giornaliero. E non è solo per il numero di tamponi fatti: è al minimo anche il rapporto tra nuovi casi e test effettuati e tra nuovi casi e persone sottoposte a tampone.

Sono 88 le vittime nelle ultime 24 ore, un leggero aumento rispetto agli ultimi giorni. Nessuna vittima in sei regioni: Basilicata, Calabria, Valle d'Aosta, Sardegna, Umbria, Friuli.



Morte Floyd: arrestati tutti gli agenti coinvolti. Oltre 10mila fermati nelle proteste Il Pentagono contro Trump sull'uso dell'esercito
L'ex capo del Pentagono critica il presidente: duro anche l'attuale segretario alla Difesa Esper. L'autopsia: Floyd aveva il coronavirus ma era asintomatico. Scontri a Brooklyn, tre agenti feriti. Oltre 10 mila persone fermate
NEW YORK - Sono stati arrestati tutti gli agenti coinvolti nell'omicidio di George Floyd, l'afroamericano morto a Minneapolis dopo che un poliziotto gli ha premuto il ginocchio sul collo. Thomas Lane e Tou Thao sono stati portati nel penitenziario della contea di Hennepin intorno alle ore 17 locali. J. Alexander Kueng si era già consegnato nel pomeriggio. Dereck Chauvin, l'agente che teneva il ginocchio sul collo di Floyd, è in prigione dalla scorsa settimana con l'accusa di omicidio. Per tutti è stata fissata una cauzione da un milione di dollari. Per Chauvin l'accusa è destinata a essere aggiornata da omicidio colposo a omicidio volontario. Dall'autopsia è emerso che George Floyd aveva il coronavirus ma era asintomatico.
Trump ci ripensa: "L'esercito forse non sarà necessario"
Morte Floyd, il Papa telefona al presidente dei vescovi Usa: “Vicino in questo momento di agitazione”


Morte Floyd: la protesta si estende all'america Latina
Due giovani di colore uccisi dalla polizia in Brasile e Colombia: le loro storie risvegliano la rabbia in Paesi dove i soprusi degli agenti sono diffusi.
Gli echi e le immagini 

Lucianone