giovedì 14 aprile 2016

Spettacoli / cinema - "La Grande scommessa": film illuminante sulla crisi, sul potere delle banche e il disastro finanziario

14 aprile '16 - giovedì                14th April / Thursday                    visione post - 17

(da la Repubblica - 08/01/'16 - Il caso / Curzio Maltese)
Confessioni di uno speculatore:
in un film l'anatomia della crisi
Per un pensionato suicida dopo aver perso i risparmi di una vita c'è sempre uno gnomo
di Wall Street che ride dondolandosi su una montagna di dollari. Tutti vi raccontano la
tragedia del primo, nessuno ci spiega come ha fatto il secondo.  The Big Short, in italiano
La grande scommessa, parla di questo e precisamente di come la crisi finanziaria comin- 
ciata nel 2008, e non ancora finita, fosse del tutto  prevedibile  e  nei fatti prevista  da un
gruppo di speculatori divenuto immensamente ricco scommettendo sul crollo dei mutui
americani.
Scritto e diretto da Adam McKay (Anchorman), adattato da un formidabile libro inchiesta
di Michael Lewis, La grande scommessa non è  soltanto  un geniale  pugno allo stomaco, a
momenti esilarante e in altri agghiacciante, con un cast da Oscar (da Brad Pitt a Christian
Bale, da Ryan Gosling a Steve Carell) e una scrittura brillantissima che l'hanno fatto eleg-
gere miglior film dell'anno dal New York Times, ma è soprattutto un atto di coraggio qua-
si inaudito.  -  Una regola non scritta nel mondo dei media americani e npon solo, come a
Hollywood e perfino sulla "liberissima" rete, è che si può indagare su tutto, rivelare qual-
siasi verità scomoda, tranne che riguardi chi oggi detiene il vero potere: la finanza, le ban-
che, Wall Street o la Bce. Fateci caso, il secondo uomo più potente del pianeta, classifica a-
mericana, il nostro Mario draghi, vanta su Wikipedia una voce che è un decimo di quella 
dedicata al vincitore dell'ultimo X Factor.  Istituti come Goldman & Sachs o Jp Morgan, 
dai quaòli è passata tutta la classe dirigente del mondo, sono meno indagate dai media di
un campione sportivo.  L'evento più importante della storia contemporanea, la crisi finan-
ziaria del 2008, cha ha prodotto collassi d'interi paesi, fallimenti a catena, disoccupazione
e povertà di massa, ha generato soltanto un paio di film notevoli.   La Grande scommessa
riprende il solco del magnifico documentario Inside Jobs e dello straordinario Margin Call,
ma con dietro la potenza immaginifica del meglio di Hollywood.  Con un ritmo frenetico,
folle, sarcastico che può ricordare il superbo The wolf of Wall Street, ma senza quel finale
moralistico e conservatore appiccicato da Martin Scorsese, col bravo e sottopagato agente
Fbi che fa giustizia per tutti.  Qui finisce come nella vita reale, senza un giorno di prigione
per i respomsabili del disastro, che sono ancora dov'erano, a governare le sorti del mondo,
almeno fino alla prossima catastrofe.
Il lettore a questo punto può chiedersi se sia il caso di andare a vedere un film dove si parla
di swap, derivati, obbligazioni collaterali e altre cineserie della finanza moderna. Cose di cui giustamente non vogliamo sentire parlare  neppure  dall'agente della nostra banca, al quale
affidiamo i nostri risparmi senza immaginare che sarebbe meglio giocarli alla roulette. Ora,
se siete un appassionato lettore dell'inserto Norme & Tributi del Sole 24 Ore, questo film vi
piacerà. Ma se non ci capite nulla, ne sarete davvero entusiasti. Perchè nessuno è mai stato
capace di spiegare tanto bene le fraudolente astrazioni della moderna finanza. Anche attra-
verso divertenti cameo affidati al sex symbol Margot Robbie, al re degli chef Anthony Bour-
dain o alla pop star Selena Gomez. L'altro gioco è spingerci a tifare in fondo per la banda
di speculatori  che, contro tutto e tutti, ha scommesso  alla vigilia del crollo  sulla fragilità
del sistema.  Perchè in fondo in un mondo di ladri sono i più onesti, quelli che non raccon-
tano bugie agli altri e a se stessi, non truffano nessuno. A differenza dei governi, delle ban-
che e delle altre istituzioni, affermano una verità evidente e provata fin dal principio. "La
verità", dice una frase del film colta in un bar, "è come la poesia. E alla maggior parte del-
la gente sta sulle palle la poesia". Così si sta dalla parte dell'eccentrico manager Michael
Burry (Bale), il burbero e nevrotico trade Mark Baum (Carell), il fascinoso investitore Ja-
red Vennett (Gosling), il banchiere pentito Ben Rickert (Pitt), quando affrontano la gelida
ipocrisia dei poteri finanziari.  C'è un colloquio illuminante  e  realmente avvenuto fra gli
speculatori  e  un'alta dirigente di Standard & Poors, alla quale Baum-Carell  chiede con 
insistenza perchè si ostini a concedere ancora il massimo voto, la tripla A, alle obbligazio-
ni spazzatura. Fin che quella non ammette: "Perchè se non gliela diamo noi, quelli vanno
qui dietro l'angolo da Moody's e la ottengono ugualmente". Le agenzie di rating ridotte a
a bottegai in lotta per la clientela.

Tutti avremmo dovuto immaginare che sarebbe andata a finire male.  Ma nessuno ha

voluto farlo, tranne un pugno di persone a Wall Street. Avevano letto i singoli contratti,
erano andati a parlare con i proprietari, scopèrendo per esempio che una spogliarellista
del Nevada era riuscita a ottenere sei mutui per cinque ville e un appartamento con sei
diverse banche, nessuna delle quali sapeva dell'altra, nell'avida fretta di lucrare sui de-
rivati dei mutui facili.  Dopo aver previsto il crollo dell'economia, Mark Baum prevede
la risposta dell'opinione pubblica: "Se la prenderanno con gli immigrati". Non un gran-
de banchiere è finito in galera, le agenzie di rating sono sempre quelle, la proposta di ri-
pristino della riforma roosveltiana del 1933, quella che separava le banche d'affari  da
quelle di risparmio  e  per sessant'anni  ha ostacolato  le grandi bolle finanziarie, non è 
mai passata.  Il volume d'affari delle banche  continua  ad aumentare, in pochi anni  è
quintuplicato e oggi rappresenta un quarto del Pil mondiale. Basterebbe scendere nella
nostra strada, dove vent'anni fa c'era una sola banca e oggi almeno una dozzina, per ca-
pire che i conti non tornano. Ma la verità è come la poesia e noi siamo pronti a farci to-
sare dalla prossima bolla. A proposito, come sta andando la borsa cinese?

Lucianone

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