mercoledì 3 dicembre 2014

Istruzione / Scuola - Studio delle lingue straniere: la difficoltà è nella fonetica

7 dicembre '14 - domenica              7th December / Sunday             visione post - 28

Quando manca un'educazione specifica ai S U O N I,
la conoscenza fonetica resta quella delle medie.
E si migliora solo in grammatica.

PERCHE'  IMPARARE LE LINGUE  A SCUOLA E' COSI' DIFFICILE

(da il 'il venerdì di Repubblica'  -  agosto 2014 / di Giuliano Aluffi)
Do you speak English?    Perfino gli italiani  al quinto anno  di lingue all'Università 
dovrebbero  pensarci bene prima di rispondere, perchè la loro conoscenza fonetica  
dell'inglese è pressochè identica a quella di uno studente di terza media.
Lo dice uno studio pubblicato su 'Frontiers in Human Neuroscience'. "Abbiamo trovato la
prima prova neurofisiologica  del fatto che  molti studenti del primo e  del quinto anno
della Facoltà di Lingue non riconoscono i fonemi dell'inglese in quanto tali,  ma li assi-
milano a quelli italiani. Proprio come fa chi ha studiato inglese solo fino alla terza media:
lo studio prolungato di una lingua straniera in età adulta nel contesto scolastico non pro-
duce nessun miglioramento rispetto alla capacità di discriminazione fonetica, anche se
può dare un'ottima conoscenza grammaticale", spiega Elvira Brattico, neuroscienziata 
all'Università di Helsinki (Finlandia).     "Abbiamo sottoposto a encefalogramma gli stu-
denti mentre ascoltavano fonemi inglesi pronunciati da un madrelingua, e abbiamo ri-
scontrato, misurando l'attività elettrica del cervello, che le loro cortecce uditive elabo-
ravano i suoni dell'inglese assimilandoli ai fonemi italiani".    "Studi comportamentali
precedenti su tedeschi, finlandesi, giapponesi, e turchi  che apprendono l'inglese sug-
geriscono che l'ambiente scolastico è ovunque un contesto povero per l'apprendimento
fonetico-fonologico. La quantità e la qualità degli stimoli ricevuti dagli studenti non so-
no sufficienti  per formare  accurate rappresentazioni neuronali  dei suoni inglesi" ag-
giunge Mirko Grimaldi, direttore del Centro di Ricerca Interdisciplinare sul Linguaggio 
dell'Università del Salento e coautore dello studio.   In che modo questa confusione tra 
fonemi ci ostacola?    "Se non siamo in grado di discriminare i suoni non nativi, l'unica 
strategia possibile per il nostro cervello è quella  di ricondurre  il fonema non nativo  a  
una o più categorie della lingua nativa che gli assomigliano. Per esempio, mentre l'ita-
liano ha una sola "i" l'inglese distingue la "i" di leave (lasciare, partire)  da quella  di 
live (vivere, abitare). Un italiano, quando inizia a studiare l'inglese, non può  far altro 
che ricondurre precettivamente  le due vocali dell'inglese  alla sua unica "i", e quindi
non sarà in grado di discriminare leave da live" osserva Grimaldi.
"L'acquisizione della lingua straniera avviene quasi sempre in un ambiente in cui pre-
domina la prima lingua, e dove la lingua straniera è poco usta in classe e mai fuori.
Inoltre, l'istruzione formale privilegia il lessico e la sintassi, trascurando l'addestra-
mento intensivo alla percezione e produzione dei suoni.".       E invece la pratica, in
questo caso, vale più della grammatica. Sottolinea Brattico: "Il cervello di un bam-
bino, una volta che ha appreso  in modo naturale  a discriminare e produrre i suoni
della lingua nativa, perde  progressivamente   l'abilità a   discriminare  e  produrre
i suoni non nativi. Per riattivare questa abilità gli studenti dovrebbero ricevere una
una quantità di stimoli di alta qualità da parte di insegnanti madrelingua, ed essere 
sottoposti a training acustici mirati".




Lucianone



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