Alla Venaria Reale di Torino (fino al 7 luglio)
le opere di Lorenzo Lotto,
artista veneziano inquieto che, lavorando nelle Marche,
rivoluzionò le pale d'altare e i soggetti religiosi del Rinascimento
(da 'la Repubblica' - 15/03/2013 - Claudio Strinati)
Lorenzo Lotto
Quella pittura così viva di un genio solitario
Torino
La mostra Un maestro del Rinascimento. Lorenzo Lotto nelle Marche è stata
al Museo Puskin di Mosca e arriva adesso alla Venaria Reale di Torino.
Forse non è grande ma di autentica e assoluta bellezza. Una ventina di sublimi
dipinti tra cui il San Vincenzo Ferrer in Gloria, affresco staccato in antico, tra-
sportato su tela e restaurato nell'occasione. Proveniente da San Domenico a
Recanati. Ed ecco, Recanati ci ricorda i soggiorni del maestro nelle Marche,
capitolo fondamentale della sua vita di uomo e artista che opera soprattutto
nella provincia, e che la mostra ripercorre magistralmente.
Opere del Lotto si trovano o si trovavano a Jesi, a Cingoli, a Ponteranica, a
Monte San Giusto, a Recanati, a Ancona, a Loreto.
Alcuni centri sono ben noti, altri molto meno eppure Lotto vi lasciò opere so-
lenni e meravigliose alcune delle quali possiamo vedere adesso riunite insie-
me. Non è un mistero per nessuno come le Marche siano tra i luoghi più re-
moti d'Italia. Lo ha raccontato Federico Fellini al punto di fare della solitudi-
ne e dell'introspezione adriatica una sorta di categoria universale dello spiri-
to. Lotto ne sapeva qualcosa e frequentò a lungo quei luoghi.
Negli ultimi anni divenne adirittura oblato perpetuo della Santa Casa di Loreto.
Lì visse un dramma che ce lo fa vedere oggi come uno dei grandi "nevrotici"
dell'arte cinquecentesca come il fiorentino Pontormo o l'emiliano Lelio Orsi da
Novellara. Spiriti inquieti, si diceva un tempo, e certo Lottolo fu a giudicare
dal suo Libro di spese diverse dove annota con precisione cose piccole e grandi
tutto rapportando alla sua psiche irrimediabilmente turbata.
Che gli era successo dai quarant'anni fino akka morte nel 1557? Di solito la
spiegazione è quella del "nemo propheta in patria". Lui, veneziano, a Vene-
zia non ebbe quel successo e quella rilevanza che avrebbe meritato, per es-
ser sopraffatto da Tiziano, che era di Pieve di Cadore e di veneziano aveva
ben poco, e poi da Paolo Caliari, veronese. Si è pensato che avesse un ca-
rattere schivo e riservato, e i documenti su di lui lo attesterebbero.
Continua...to be continued...
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