Sul nubifragio del Giglio (avvenuto cioè davanti all'Isola
del Giglio) e sulla conseguente tragedia esplosa sulla nave
da crociera 'Concordia' con numerose vittime e momenti
altamente drammatici non molto dissimili da quelli passati
del Titanic e dell' Andrea Doria, si è detto ormai di tutto e
di più, forse anche di troppo su tutti i giornali e televisioni
non solo d'Italia, ma naturalmente di tutto il mondo.
E come mia consuetudine - ormai Lucianone lo dovreste
conoscere abbastanza bene tutti voi lettori-visualizzatori -
farò prima una carrellata/panoramica delle notizie trovate in
questi giorni sulla stampa nazionale:
mi limiterò a la Repubblica e L'eco di Bergamo.
Poi passerò alla mia opinione personale, quella del giovedì.
da la Repubblica di oggi, giovedì 19 gennaio
>> L'inchiesta - "Inchini troppo spesso tollerati" - L'indagine
punta ora sulla Costa Crociere
Al vaglio degli inquirenti tre telefonate tra il comndante Schettino
e il quartier generale. Il comandante della Concordia mai sospeso
dall'Armatore. Poi c'è il giallo della donna in plancia.
L'ordinanza del Gip: "Schettino guardava la nave. Una volta
abbandonata la nave, Schettino rimaneva fermo sulla scogliera
del Giglio e guardava la nave affondare in balia del tragico
evento che stava verificandosi. Non tornò a bordo. Schettino,
il comandante della Concordia, non fece alcun serio tentativo
di tornare a bordo nonostante il disastro di proporzioni mon=
diali di cui lui va ritenuto oggettivamente responsabile" -
Il governo: vietare le rotte pericolose. Le battaglie di De
Falco (comandante della capitaneria di porto) fatte nel 2005
contro gli "accosti" delle navi da crociera.
Comandante di fregata Cosimo Nicastri, del comando generale
della Guardia Costiera, in un'intervista: " Avvicinarsi alla costa
non è vietato, basta seguire le regole del buon senso: Anche se
qualcuno avesse visto la manovra errata non si sarebbe potuto
fermare la nave: andava troppo veloce, a circa 15-16 nodi".
>> Il racconto - E il paese del comandante, Meta di Sorrento,
perdona e difende Schettino.
Era il guascone di Meta con le stellette, torna da "reo" planetario agli arresti.
"Adesso si chiarirà tutto, non è vero che sono scappato. Non date retta alla
televisione. Io non sono il vigliacco che hanno dipinto", giura Schettino. Lo
mormora ai suoi familiari, lo sussurra a qualche amico che lo ha aspettato
sottocasa, al buio, alla fine di quest'ultima "traversata", forse quella più
drammatica, quella che non prevede scialuppe nè fughe... Al comandante
Schettino resta questo: un processo che marcerà contro di lui, una famiglia
a sostenerlo, compresi una sorella, un fratello, l'anziana madre e gli zii, tutti
alleati, stretti gli uni agli altri in questo cerchio di paradiso a strapiombo sul
golfo, che si sente preso a sberle dalla storia dopo secoli di "vanto" marinaresco...
( inviato Concita Sannino )
>> L'analisi - Il joystick del capitano.
A ogni dettaglio che si aggiunge sulla condotta del comandante della
Concordia, Schettino, ci sentiamo più male, come quando si tormenta
una ferita.
Di fronte ai delitti efferati, l'arrivo di nuovi particolari spinge a detestare
il mostro di più. In questo caso invece le notizie scatenano una forma di
imbarazzo, un disagio che sembra toccare ciascuno di noi. E non solo per=
chè è italiano l'attore protagonista di una sciagura mondiale.Forse questo
accade perchè una calamità grande e pesante come la Costa Concordia
draiata sugli scogli del Giglio, tira fuori dalle zone recondite della mente
la grandezza e il peso della responsabilità nei confronti degli altri che
accompagna la nostra vita quotidiana:quando guidiamo l'auto, quando
teniamo un bambino per mano su una strada trafficataoppure quando
dimentichiamo di far verificare la caldaia di casa.
I nostri giorni sono pieni di momenti nei quali dovremmo sentire questo
peso, tanto maggiore quanto più è sottile il soffio, il nulla che ci separa da
una possibile sequenza disastrosa. Certo, una parte più pesante tocca al
pilota del jumbo o al conducente dell'autobus (o del taxi), che guardiamo
perplessi quando sta incollato al cellulare, ma tutti noi passiamo varie volte
al giorno a pochi centimetri da un inciampo maligno: un'esitazione nello
sterzare, l'azzardo di passare col semaforo giallo-rosso, una qualche distra=
zione che ti fa sbagliare corsia in un quadrifoglio labirintico. Di solito la
scampiamo, ma qualche volta qualcuno no: urti la carrozzeria con dentro
un bimbo svoltando a destra, era sotto il tuo campo visivo, stavi pensando
in quel momento di aver dimenticato un documento, un appuntamento.
Per pochi secondi o millimetri, la montagna ti precipita addosso. E se accade,
se davvero accade, quel che segue non sempre è ispirato alla carità cristiana
o alla razionalità xartesiana.
Certo, dovrebbe prevalere un istinto umano (o professionale) che dovrebbe
farti scegliere la via che limita i danni per gli altri. In quel momento pensi di
essere perduto, il corso della tua giornata e del tuo futuro è sconvolto.
Quanti "pirati della strada" nascono in quei pochi secondi che cambiano una
vita e le danno una piegatura criminale. Fuggire e negare. Una robusta trincea
che qualche volta la mente costruisce in forma semi-incosciente è dire di no:
non è accaduto, non è niente, la sala motori è allagata, ma ci raddrizziamo,
colpo di reni, colpo di genio, gettiamo l'ancora e cambiamo assetto. Il caso
si risolve. Il colpo è troppo grande per un solo uomo, è una balena più grande
del Leviatano e di tutti i mostri biblici... Qui abbiamo uno sconfitto. Certo, la
giustizia ha un metro per misurare i danni mortali e le colpe del comandante
Schettino sulla base dei fatti, non si affida alle buone o cattive intenzioni, ma
valuta i risultati. - Così come l'etica della responsabilità che Max Weber
consigliava di tenere in più alto riguardo rispetto all0etica della convinzione,
perchè spinge a decidere in base alle conseguenze e non in base alle nostre
idee.
L'etica delle responsabilità riguarda gli altri ed è di solito in
conflitto con la libertà del singolo individuo, solo con il suo egoismo. Ed entra
senza dubbio in gioco quando si è al comando di una città galleggiante e la si
porta per il mondo da una plancia, dove con la pressione di un dito si possono
modificare rotta e velocità, come 100 anni fa solo con ore di manovre, acroba=
zie e fatica di molti uomini. La tecnologia complica la percezione etica della
responsabilità, nasconde le conseguenze, le fa apparire più leggere, come nel=
evoluzione delle armi. Trafiggere un nemico con un pugnale è eticamente e
fisicamente assai più difficile che sparargli con una carabina da cento metri.
E far partire un missile da un centro di calcolo a 2.000 chilometri occulta
ancora di più la connessione etica. - La catena causale è lunga e chi sta
all'inizio sembra dimenticare quel che accade alla fine se azioni quel joystick
con cui si guidano i colossi del mare come si gioca a Tetris. Non è un duro
timone a barra, è (invece) la periferica di un computer. E la verità te la dice
sul display, ma non la senti in faccia: la tecnologia ha effetti sulla mente.
Se accade che l'irresponsabilità di una notte ti afferri per un lembo della
giacca e ti trascini nell'inferno, vorresti ripetere la sequenza, cambiare la
rotta di qualche metro, come in un videogame, ma purtroppo lo scoglio era
vero e la freccia del tempo non torna indietro.
Non dai l'allarme perchè non accetti che sia accaduto. La leggerezza e
futilità dei motivi sono aggravanti per chi è fuori dal videogame: il saluto
al villaggio, l'inchino, l'omaggio al vecchio collega, l'azzardo.
Può darsi che l'inchiesta riveli nel comandante della Costa Concordia un
recidivo in bravate, una persona pericolosa. Ma il nostro disagio non riguarda
il giudizio negativo su di lui; riguarda quel soffio che separa la vita di tutti i
giorni, il nulla dalla catastrofe: quanti metri facevano la differenza quella
notte? Tre? Cinque? Dieci? Probabilmenet Francesco Schettino è colpevole
di molte cose, lo dirà la giustizia: sicuramente è una persona sfortunata.
Possiamo dirlo invocando per noi stessi l'assistenza del senso di responabilità,
ma anche la buona sorte. Che non ci lascino nemmeno per un attimo, mentre
guidiamo o accompagniamo un piccolo all'asilo. Che ci confermino sempre il
regalo di quei pochi centimetri o secondi che qualche volta potrebbero mancare.
(di Giancarlo Bosetti)
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La nave delle polemiche
"La giustizia farà il suo corso"
L'ex comandante della Vespucci: "Porterà un peso per tutta la vita"
"Non voglio entrare nel merito di quello che è successo, associarmi al
coro di condanna. Ci saranno gli accertamenti giudiziari, la giustizia
farà il suo corso: io dico solo che comunque finisca questa storia, il
comandante della nave dovrà vedersela per tutta la vita con la sua
coscienza di uomo e di marinaio. E' un peso enorme e, per questo,
a lui va la mia umana solidarietà". Antonio Guglietta, ufficiale di
marina per 36 anni, sa di che parla. Tra i suoi incarichi, forse il
più prestigioso è stato quello di comandante della nave scuola
Amerigo Vespucci, il "gioiello" della Forza armata.
"So che significa - spiega Guglietta - sentire la responsabilità
dell'integrità di una nave e della sicurezza del sui equipaggio.
Integrità della nave e sicurezza delle persone: sono un tutt'uno,
sono due concetti che vanno di pari passo".
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Opinione del giovedì
di Luciano Finesso
Le fotografie, le immagini-video del transatlantico "Concordia"
che lo rappresentano inclinato sul fianco, sempre più inclinato sono
forti, molto forti nel senso di tragedia. Forse non tutti, mass media
in primis, se ne sono sempre resi conto. E' diventata anche quella,
col passare dei giorni, una immagine da cartolina da far vedere agli
amici, un qualcosa inserito nel paesaggio che ci ha rassicurato, nel
senso che l'abitudine quotidiana a doverci sorbire in tv, internet e
stampa quell'immagine del gigante, balena (come qualcuno l'ha
anche definita) come arenata vicino alla costa, non lontano dalla
spiaggia - l'ha resa come la conseguenza di un fatto quasi sconta--
to, quel qualcosa che oggi può succedere, così come succede che
piove o nevica o fa un gran caldo. MA NO, NON DOVEVA, NON
DOVEVA ACCADERE una cosa così. Come la nave non doveva
proprio avvicinarsi tanto alla costa. Per l'inchino, per una specie
di usanza non tanto diversa da quella paesaggistica, appunto da
cartolina. E tutto si riduce allora al commercio, alla grana, al
dover pubblicizzare a tutti i costi la 'Costa Crociera', con sprezzo
del pericolo di passeggeri ed eventualmente degli stessi residenti
dell'isola. The risk of capitalism, ma non di un capitalismo da
tranquilla gita da 10 giorni, bensì di selvaggio capitalismo da
tranquillo week end di paura, anzi di terrore.
Lucianone
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