venerdì 28 luglio 2023

INCHIESTA - Caporalato e diseguaglianze

 28 luglio 2023 - sabato                                      28th July / Saturday                      visione post - 4

(da la Repubblica - 11 dicembre '21 - di Luca Ricolfi)

Le inchieste sul caporalato
Le diseguaglianze invisibili
Così ispettori del lavoro e carabinieri hanno scoperchiato il vaso di Pandora del caporalato e dello
sfruttamento. Verifiche quadruplicate in tre anni, irregolarità riscontrate fino all'86% delle aziende
controllate.  
Aziende che possono essere piccole ma anche medie e grandi , situate in zone depresse ma anche in
zone ricche, al Nord come al Sud.  Caporalato non significa semplicemente reclutamento giornalie-
ro di manodopera mediante l'odiosa figura del "caporale". Dietro al caporalato si nasconde, nella
maggior parte dei casi, un'intera fenomenologia di sopraffazione: assenza di contratti, precarietà 
dell'impiego, bassissimi salari, condizioni di lavoro durissime o degradate, e qualche volta condi-
ioni di vita paraschiavistiche, come quelle degli accampamenti e delle baraccopoli al servizio del-
la raccolta stagionale di frutta e ortaggi. -    Sono fenomeni noti, descritti in innumerevoli servizi
giornalistici, ma colpevolmente, e da sempre, dimenticati dalla politica. Perchè?  Credo che i mo-
tivi principali siano tre.   Il primo è che, se la politica e ne occupasse, le scoppierebbe in mano il
problema dell'immigrazione irregolare.  Un problema che la sinistra non vuol vedere, e la destra
non è capace di affrontare (ricordate la promessa di Salvini di rispedire a casa mezzo milione di immigrati irregolari?).  Il secondo motivo è che su questo punto, la politica non ha il sostegno at-
tivo dei sindacati, attentissimi a proteggere gli interessi dei già garantiti (pensionati, pubblico im-
piego, dipendenti delle grandi aziende), ma alquanto distratti  di fronte ai fenomeni  di emargina- 
zione e sfruttamento più estremi. -  Il terzo motivo ò che, più o meno consapevolmente, i politici
intuiscono che precarietà e bassi salari, pur essendo sempre frutto di spregiudicatezza e rapacità,
in non pochi casi sono anche condizioni di sopravvivenza di attività economiche che, ove rispet-
tassero i contratti nazionali e non evadessero le tasse, dovrebbero chiudere (che io ricord, l'unico
politico ad aver messo in evidenza questo punto è Stefano Fassina, con il concetto di "evasione
di necessità").  Dietro certe forme di sfruttamento, in altre parole, oltre alla mancanza di scrupo-
li c'è il combinato disposto della bassa produttività e della concorrenza internazionale, che spin-
ge verso il basso i prezzi (tipicamente per i prodotti agricoli).   Che oggi esista ancora il capora-
lato può destare sorpresa, abituati come siamo a pensare  che certi fenomeni  siano retaggio del
passato, e con il pasare del tempo siano destinati a evaporare. Ma è un errore di prospettiva.
A ben giardare , la società in cui viviamo non è fondata solo sul benessere dei più e sul duro
lavoro di una minoranza (abbiamo il tasso di occupazione, giovanile e adulta, più basso del-
l'Occidente).  La nostra società à anche basata sui "servigi" di una robusta infrastruttura para-
schiavistica, che non è affatto in via di assorbimento, ed è strettamanete necessaria per perpetuare
il nostro modo di vita, consumistico e non di rado parassitario.    Quando, nella mia ricostruzione
dei meccanismi della "società signorile di massa", ho provato a misurare  le dimensioni di questa
infrastruttura paraschiavistica, di segmenti sociali in cui si presentano condizioni di subordinazio-
ne estreme, ne ho contati ben 7, per un totale di circa 3 milioni e mezzo di occupati (oltre il 15%
della forza lavoro.  -  Fra di loro, non solo gli stagionali concentrati nei ghetti per la raccolta della 
frutta e degli ortaggi, ma anche i lavoratori in nero di agricoltura, edilizia, trasporto e magazzinag-
gio; i dipendenti delle cooperative che erogano servizi alle grandi aziende, alle ferrovie, alle scuo-
le, alle università, agli ospedali, colf e badanti assunte senza contratto e senza contributi; lavorato-
ri della cosiddetta gig economy (o economia dei lavoretti), per lo più addetti alle consegne a domi-
cilio; per non parlare dei settori completamenti illegali, dove a operare  in condizioni paraschiavi-
stiche  troviamo la bassa manovalanza  della distribuzione di strada  gestita da organizzazioni cri-
minali.
Viene da domandarsi se la nostra spasmodica attenzione anche ai più minuscoli e irrilevanti inter-
venti della Legge di bilancio  non sia sproporzionata  rispetto alle vere diseguaglianze che afflig-
gono il nostro Paese. Perchè le diseguaglianze più ingiuste, e più crudeli, non sono quelle di cui
tutti parlano, ma quello che nessuno vede (o non vuol vedere?)

Lucianone

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