8 marzo '19 - venerdì 8th March / Friday visione post - 12
(da la Repubblica - 12 gennaio '19 - Corrado Zunino)
Il jazz da un anno e mezzo è fuori dalla scuola italiana: c'era entrato da poco, nel setttembre
2010. Nelle cinque stagioni di vita dentro le aule il genere è riuscito a illudere quattrocento
docenti precari di poter insegnare skat e improvvisazione a studenti che, a loro volta, voleva-
no apprendere al liceo fraseggio e repertorio. I ragazzi sono stati costretti a tornare, dal set-
tembre 2017 ormai, al canto lirico, ai corsi di liuto e eufonio. Il jazz è stato bandito: la buro-
crazia che segue le riforme scolastiche l'ha espulso. Ora 930 docenti di scuola e d'accademia
chiedono di ripensarci. - Il breve rapporto della musica di Louis Armstrong e Milkes Davis
con la scuola italiana prende corpo con la Riforma Gelmini,, che ha consentito al jazz di in-
sediarsi nei licei musicali (nati, questi, nel 2006 con la Moratti). Si spegna, il rapporto, sui
decreti che seguono la Buona scuola quando il ministero guidato da Valeria Fedeli accorpa
le classi di concorso. Con la semplificazione delle discipline gli uffici dimenticano di inseri-
re la "classe jazz" in un codice, ed è la fine. Non esiste un testo che apertamente escluda il
genere, fin lì insegnato, attraverso voci più larghe ("Musica istruzione secondo grado), è la
vecchia dizione). Con l'accorpamento solo gli strumenti della classica trovano il loro codice
(Ab55 per la chitarra, Ac55 per il clarinetto) e una dignità. Nel nuovo decreto non c'è nulla
invece, per gli strumenti jazz. Le segreterie, spiazzate, provano a chiedere lumi ai dirigen-
ti scolastici che si rivolgono agli Uffici regionali. Di fronte a un'assenza amministrativa le
scelte dei presidi sono due, prese a braccio: alcuni licei musicalio fermano le iscrizioni al
primo anno di jazz lasciando che le classi esistenti vadano in scadenza. Altri presidi, la
maggior parte in verità, sciolgono immediatamente tutte le classi dove si insegnava la mu-
sica dell'improvvisazione ottenendo due risultati: l'alunno jazz, se vuole continuare a st
diare musica, deve spostarsi su un corso di classica. Il suo docente, semplicemente, se ne
va a casa. A casa, sì: i professori jazz da due anni sono esclusi dall'insegnamento e pure
dalle graduatorie di istituto da dove provenivano. "Licenziati senza appello", dice il ma-
estro Stefano Luigi Mangia, diploma di sassofono, che dal Salento guida il Coordinamen-
to nazionale per il ripristino del jazz nei Licei musicali, "nessun insegnante della scuola
pubblica è stato trattato in questo modo".
Prima della riforma i corsi allestiti nelle medie superiori - i Licei musicali nel Paese sono
145, dieci paritari - erano in sintonia con quelli del Conservatorio, il percorso di laurea
dei musicisti. Con l'accorpamento delle discipline, e l'abrogazione dello studio a livello
scolastico, gli studenti che aspirano a fare e vivere di jazz oggi non riescono più a supe-
rare gli esami d'ammissione al Conservatorio. "Mancano le basi, crollano sull'improv-
visazione", dice il professor Mangia, "riesce a salvarsi chi può permettersi lezioni pri-
vate". L'accorpamento del dopo Buona scuola ha creato il vuoto, ma il Coordinamen-
to accusa l'attuale governo di sordità: "L'indifferenza alle nostre lettere è glaciale", di-
ce Mangia. Musicisti-prof hanno costruito un documento con 930 firme sotto per chie-
dere: "Riattivate i corsi di strumento jazz". Sottoscrivono il pianista Gianni Lenoci,
allievo di Mal Waldrom, e la cantante Ada Montellanico, formata alla Scuola di mus
ca popolare di Testaccio, a Roma. Sono docenti di conservatorio e, da quel punto os-
servano i guasti della fine del jazz al liceo: "Stiamo perdendo aspiranti musicisti nel-
l'età della formazione, e il ministro di un Paese di straordinaria cultura musicale do-
vrebbe dire una parola".
Lucianone
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