(Da L’Espresso – luglio 2013 – L’antitaliano /
Roberto Saviano)
Se in piazza vanno anche i bulgari
Dal 25 gennaio 2011, dalla “giornata della
collera” contro il regime di Hosni
Mubarak, sono trascorsi ormai più di due anni, ma nessuno poteva pensare
che una piena democrazia potesse realizzarsi nel volgere di una stagione.
La realtà è cosa distinta dai generosi auspici dei telespettatori che hanno Mubarak, sono trascorsi ormai più di due anni, ma nessuno poteva pensare
che una piena democrazia potesse realizzarsi nel volgere di una stagione.
archiviato l'interesse per i fatti egiziani quando è calato l'interesse dei me-
dia. Eppure, nel corso di questi due anni, molti morti e moltissimi feriti han-
no segnato il cammino iniziato con la caduta di Mubarak. Vittime di una dia-
lettica politica accesa, della mancata accettazione dei risultati delle prime
elezioni democratiche e del malcontento per l'azione di governo dei Fratelli
Musulmani, che quelle elezioni avevano vinto.
Questi sono giorni in cui - mentre l'Europa langue, priva di idealità politiche
forti e stretta in logiche di bilancio che poco spazio lasciano alla discussione
sui diritti - diversi focolai di rivolta si accendono in luoghi fisicamente lonta-
ni tra di loro, ma così vicini e simili. Certo, i politologi di professione storce-
ranno il naso: la scienza è professione di distinzione e l'analogia è una trap-
pola sempre pronta a scattare. Ma questa primavera adesso estate unisce
le piazze e le strade turche, brasiliane ed egiziane più di quanto possa sem-
brare. E noi europei lo dovremmo sapere bene, perchè questo fermento,
generazionale, sociale, in una parola politico, è quello che ha attraversato
l'Europa tra gli anni Sessanta e Settanta. Se non avesse smarrito il proprio
e la propria prospettiva, nell'affanno costante di far quadrare i conti, chie-
dere più disciplina o pietire indisciplina, forse il vecchio continente potreb-
be guardarsi alle spalle, scoprire e osservare le sue strade e le sue piazze,
invase da volti e corpi, tanto simili a quelli che hanno occupato piazza Tak-
sim, tornano a Tahrir e non accennano a rientrare nelle case di San Paolo,
Rio, Brasilia. E dobbiamo dire che l'Europa è tanto distratta da non accor-
gersi che a pochi chilometri dai propri Uffici politici - o contabili? - la Bul-
garia, i giovani bulgari sono in piazza da quindici giorni, contro la corrusio-
ne e la criminalità organizzata, che sono strettamente annodate come ha
ben spiegato Misha Glenny nel suo importantissimo "McMafia":
La rivolta non è un'esigenza estetica ma la genesi della democrazia: il
tiranno può avere il volto di Mubarack o quello di oligarchie nascenti dal-
l'incancrenirsi di un potere durato troppo a lungo, come in Turchia o Bra-
sile. O può avere il volto din una classe politica , di un presidente, che sep-
pure democraticamente eletto non ha idea di cosa sia o sia diventato il suo
popolo e ne determina la sollevazione, come nel caso di Morsi.
I vecchi sono importanti, perchè l'esperienza del passato che dai loro rac-
conti promana si fa regola di condotta, capacità di comprensione, possibi-
lità di vicinanza, di tolleranza. Negtli ultimi venti anni, l'Europa ha perduto
il senso della sua stessa definizione: vecchio continente. E oggi non riesce
ad abbracciare quelle piazze, non riesce a offrire quella comprensione poli-
tica che, sola, puù permettere a quelle strade di diventare luogo fondativo
di democrazie che si facciano strumento di diffusione dei diritti e non foco-
lai di guerre civili.
I nostri anni Settanta, gli anni Settanta dell'Europa, sono stati anni di guer-
re civili, mon opolizzati dalla lotta tra chi credeva di essere erede della tra-
dizione partigiana, quelli che avevano mantenuto drammaticamente inton-
sa l'ideologia fascista e ambienti dello Stato asserviti a interessi stranieri
se non direttamente criminali. Di mezzo lo Stato, di mezzo i tanti cittadini
che qualche anno prima avevano invaso le piazze, le strade, con i propri
volti, i propri corpi, le proprie istanze nonviolente. Ecco, oggi l'Europa,
se fosse Europa, dovrebbe giocare da protagonista questa partita, che è
politica. Perchè a queste piazze piene, a queste strade traboccanti di
energia non seguano storie già viste, di gente tornata nelle case e di
vuoto democratico.
Lucianone
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