lunedì 31 dicembre 2012

Politica/economia - Gli Stati Uniti di B. Obama 2 e il futuro economico

31 dicembre 2012 - lunedì        31 December / Monday      visioni post  -  14

( da 'la Repubblica' - 14 dicembre '12)
Le speranze dell'America
(di Joseph E. Stiglitz)

Dopo una durissima campagna elettorale costata molto- più di 2 miliardi di dollari, molti osservatori
hanno l'impressione che non molto sia cambiato nella politica Usa. Barack Obama è tuttora presidente,
i repubblicani continuano ad avere  il controllo della Camera dei Rappresentanti  e i democratici conser-
vano la maggioranza al Senato.    Col nuovo anno, l'America fronteggerù il "fiscal cliff" (dirupo fiscale):
un meccanismo automatico  di aumento  delle imposte e taglio delle spese, probabilmente destinato a spin-
gere l'economia verso la recessione, a meno che non si trovi un accordo bipartisan su una politica fiscale
alternativa.  In queste condizioni , cosa si può immaginare di peggio di una perdurante situazione di stallo?
Di fatto. però, le elezioni americane hanno avuto alcuni effetti salutari.   Per prima cosa, hanno dimostrato
che neppure le spese più sfrenate dei gruppi privati bastano a comprare il risultato elettorale; e che il cam-
biamento demografico  in atto negli Stati Uniti  potrebbe segnare la fine dell'estremismo del Partito repub-
blicano. - La campagna di "disenfranchisement" (esproprio dei diritti civili) condotta da questo partito, ad
esempio in Pennsylvania, tentando di ostacolare  in  tutti  i modi  il voto dei latinos e degli afro-americani,  
ha avuto un effetto boomerang:  di fronte a questa minaccia, molti si sono sentiti  doppiamente motivati a
a impegnarsi  per esercitare i loro diritti.  Tanto che nel Massachussetts  
Warren, docente di diritto a Harvard e infaticabile combattente per difendere i comuni cittadini dagli abu-
si delle banche, si è conquistata un seggio al Senato.
Sembra che alcuni dei consulenti di Mitt Romney siano stati colti di sorpresa dalla vittoria di Obama, con-
vinti com'erano  che l'interesse degli elettori  fosse focalizzato solo  sui problemi economici del momento. 
Li ritenevano evidentemente  incapaci di ricordare  che proprio la deregulation, fortemente voluta dai re- 
pubblicani, ha portato l'economia sull'orlo della catastrofe; e che è stata la loro intransigenza al Congres-
so a contrastare una politica più adatta a fronteggiare la crisi del 2008.  I repubblicani avrebbero inoltre
fatto meglio a non sottovalutare l'interesse dei cittadini per tematiche come quelle dei diritti civili  e del-
la parità tra i generi. Queste questioni sono parte essenziale dei valori di un Paese, di ciò che si intende
per democrazia e tutela dell'individuo contro l'eccessiva intrusione dei poteri statali. E oltre tutto, questi
problemi hanno anche una valenza economica.    Come ho spiegato nel mio libro The Price of Inequality
(Il prezzo della disuguaglianza)  le crescenti  sperequazioni economiche  negli Usa vanno  in gran parte
ascritte alla sproporzionata influenza esercitata sui governi dai ceti più abbienti, col solo scopo di trince-
rarsi dietro i loro privilegi. Ma ovviamente, anche i problemi inerenti ai diritti in materia riproduttiva, o
al matrimonio tra gay, hanno implicazioni economiche di rilievo. -   A fronte dei problemi di politica eco-
nomica del prossimo quadriennio, è comunque il caso di rallegrarsi per l'esito delle elezioni, soprattutto
per lo scampato pericolo: gli Stati Uniti rischiavano di vedersi imporre misure che aqvrebbero aggrava-
to le tendenze recessive, inasprito le sperequazioni, costretto gli anziani  a sacrifici sempre maggiori  e 
precluso a milioni di cittadini l'accesso alle cure mediche. 
Detto questo, oggi gli americani dovrebbero augurarsi una serie di importanti misure: innanzitutto una
legge veramente efficace per il lavoro, basata su ivestimenti nella scuola, nell'assistenza sanitaria,
tecnologia e nelle infrastrutture, con l'obiettivo di stimolare l'economia, rilanciare la crescita e ridurre
la disoccupazione, generando così un incremento del gettito fiscale di gran lunga superiore ai costi.  In
secondo luogo una serie di interventi finalizzati  a risolvere la crisi degli alloggi  provocata dall'ondata
di sfratti e pignoramenti di case. In terzo luogo, un ampio programma  per promuovere   ele opportunità
economiche e ridurre le disuguaglianze, affinchè nei prossimi decenni l'America cessi di essere il Paese
sviluppato con le maggiori sperequazionie il più basso livello di mobilità sociale.  -  A tal fine dovremmo
avere un sistema fiscale equo e più progressivo, eliminando le distorsioni e le scappatoie che concedo-
no agli speculatori e ai miliardari aliquote effettive inferiori a quelle imposte  a chi lavora per vivere, o
di ricorrere alle isole Cayman per non pagare il dovuto.




Una diversa politica energetica di Washington sarebbe vantaggiosa non solo per gli Usa, ma per
il mondo intero: non dovremmo limitarci ad accrescere la produzione interna ma focalizzarci so-
prattutto sul risparmio energetico, a fronte dei rischi del riscaldamento globale. 
In campo scientifico e tecnologico, la politica americana  dovrebbe tenere conto  dell'importanza
di disporre  di strutture solide  nel campo  della ricerca di base, per conseguire  gli incrementi di
produttività indispensabili a migliorare a lungo termine il tenore di vita della popolazione. Infine, 
gli Stati Uniti hanno bisogno di un sistema finanziario non fine a se stesso.  Un sistema posto al
servizio della società, e non centrato su attività di tipo speculativo.
La normativa  per il settore finanziario  va dunque riformata, con leggi antitrust e di corporate-
governance, e con misure attuative adeguate, per evitare che i mercati si trasformino in qualco-
sa di molto simile a un casinò.  -  La globalizzazione, con la crescente interdipendenza di tutti gli
Stati del pianeta, comporta anche la necessità di una maggiore cooperazione. Dovremmo augu-
rarci che l'America assuma un ruolo di guida in un'azione di riforma del sistema finanziario glo-
bale, attraverso regole internazionali più rigorose e un sistema di global reserve.
Dobbiamo trovare modi migliori per affrontare i problemi della ristrutturazione dei debiti sovra-
ni, del riscaldamento globale, della democratizzazione delle istituzioni economiche internazionali,
e per dare aiuto ai Paesi più poveri.


Pur esortando gli americani a sperare che tutto questo possa accadere, personalmente non sono
molto ottimista.  E' più probabile che l'America si accontenti di tirare avanti con una serie di mi-
sure parziali: un altro piccolo programma per gli studenti in lotta o per i proprietari di alloggi, o
la revoca dei tagli d'imposta concessi da Bush ai milionari. Ma non c'è da aspettarsi una riforma
generale del sistema fiscale, e neppure una drastica riduzione delle spese militari, o un progres-
so significativo per contrastare il riscaldamento globale.
La crisi dell'euro, probabilmente destinata a protrarsi, e il perdurante disagio dell'America, non
sono di buon auspicio per una crescita globale. Ma il peggio è che in assenza di una forte leader-
ship americana, i problemi globali che da tempo ci assillano  -  dal  cambiamento  climatico  alla
pressante necessità di riforme del sistema monetario internazionale  -  continueranno ad aggra-
varsi. Eppure, malgrado tutto, dobbiamo essere riconoscenti: meglio restare fermi che correre
nella direzione sbagliata".

Lucianone

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