29 novembre 2012 - giovedì 29th November / Thursday visioni post - 9
Martedì 27 novembre '12: l'azienda Ilva di Taranto chiude la fabbrica - A casa 5mila operai - "Nascosto l'inquinamento a Taranto": nuova raffica di arresti - Interviene il governo La storia dell'accieria Ilva, a Taranto, viene riscritta dalla magistratura. Sono 530 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip Patrizia Todisco: accusano l'Ilva e insieme la famiglia che ne è proprietaria, i Riva, di essere stata per 17 anni, "un'associazione per delinquere", la quale ha silenziosamente avvelenato gli operai della fabbrica, ma non solo, anche la gente di Taranto, un intero ecosostema, con fumi di diossina e idrocar- buri. Adesso l'azienda annuncia la chiusura, mentre gli operai si barricano in fabbrica. La crisi del colosso dell'acciaio pugliese rischia di tirarsi dietro gli altri impianti italiani del gruppo Riva, con una spaventosa emorragia di posti di lavoro. Rischia di diventare una vera emergenza nazionale (se già non lo è) che spinge il governo ad intervenire, con una riunione urgen- te programmata per giovedì (28 nov.) a Palazzo Chigi. Il nuovo blitz si è abbattuto all'alba di ieri (martedì 26 nov.) sulla grande fabbrica, a due mesi dai primi arresti. E dal sequestro di sei reparti dello stabilimento, il cuore dell'area a caldo, ritenuto la fonte dell'inquinamen- to killer che ammazza e fa ammalare i tarantini e i loro bambini.
Il disastro ambientale, le ordinanze di custodia e Fabio Riva I finanzieri hanno eseguito 7 ordinanze di custodia cautelare tra carcere e domiciliari. Ed hanno sequestrato tubi, coils e bramme stoccate nell'im- pianto., notificando un avviso di garanzia al presidente Bruno Ferrante e all'attuale direttore di fabbrica Adolfo Buffo. A terra rimane oltre un mi- lione di tonnellate di acciaio. Così i pm hanno paralizzato la fabbrica ac- cusata di disastro ambientale. E l'Ilva ha risposto a modo suo, ordinando il rompete le righe. Alla retata delle Fiamme Gialle è sfuggito Fabio Riva, rampollo del patriarca Emilio, spedito ai domiciliari, ma solo in ragione suoi 86 anni. Il figlio, vicepresidente del Cda di Riva Fire (la società cas- saforte della famiglia) è invece uccel di bosco. Doveva finire anche lui in cella, sotto il peso di accuse gravissime, conquella di associazione per de- linquere a fare da capofila. In carcere invece è finito l'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso e l'ex responsabile delle rela- zioni esterne Girolamo Archinà. Ai domiciliari anche l'ex assessore pro- vinciale di Taranto Michele Conserva.
I signori dell'Ilva I signori dell'Ilva sono accusati di aver fatto di tutto per sfuggire a controlli e indagini sull'inquinamento. Personaggio chiave è proprio quel Girolamo Archinà, pizzicato due anni fà dalle telecamere di servizio di un autogrill mentre consegnava una busta ad un perito della procura. Quel perito il pro- fessor Lorenzo Liberti, era stato ingaggiato dai pm per individuare le fonti dell'inquinamento che ha contaminato terreni e animali, abbattuti a miglia- ia nel 2008. Anche lui è stato arrestato con l'accusa di aver accettato 10mila euro da Archinà per ammorbidire le sue conclusioni. Ma il telefono di Ar- chinà si è rivelato una sorta di vaso di pandora, consegnando ai finanzieri uno spaccato avvilente dei rapporti tra grande industria, politica e società tarantina. Così le intercettazioni pullulano di dialoghi imbarazzanti che lasciano spazio "ad altri sviluppi", come ha ammesso il procuratore capo Franco Sebastio. E il secondo livello di questa inchiesta sembra essere davvero dietro l'angolo. Sospesa l'attività della fabbrica e cinquemila a casa La burrasca giudiziaria, però, è pronta a scatenare quella sociale. L'azienda ha sospeso l'attività dei reparti non sottoposti a sequestro e di fatto ha messo in libertà 5mila operai, spedite in ferie forzate. Ma i sindacati hanno reagito. invitando le tute blu a non abbandonare la fabbrica. Ne è nato un presidio permanente all'interno, anche perchè sa di non poter più rientrare. Alla fine Fim, Fiom e Uilm hanno rotto gli indugi, proclamando lo sciopero immedia- to di tutto lo stabilimento. La protesta dilaga e certamente si allargherà ad altri impianti del gruppo Riva, come Genova e Novi Ligure.
Le proteste Rimane il fuoco. "Ma se n'è andata la legna". Ilva, Taranto, cancello numero cinque. Operaio di sesto livello. Poche parole, voce lenta, mani che profumano di amuchina. "Io lavoro qui da quando ho diciotto anni, probabilmente non so fare altro che no essere dipendente di questa fab- brica. Domani siamo in sciopero, l'azienda ci ha detto che siamo liberi, che è tutto chiuso. Gli impianti rimangono accesi perchè non si possono spegnere da un giorno all'altro.
Le notizie precedenti sul caso Ilva (recuperate)
LUNEDI' 3 SETTEMBRE '12 (la Repubblica) ILVA - Bufera sul presidente del Tar di Lecce / Esposto di Legambiente al Csm: "Cognato dell'avvocato dell'azienda, è incompatibile". Le sentenze: 1. Il benzoapirene - L'inquinante cancerogeno fu denunciato dall'Arpa nel 2010 ma il Tar decise di annullare il provvedimento. 2. Il referendum - Erano state raccolte le firme per chiudere, anche parzial- mente, l'Ilva: referendum non ammesso. 3. La chiusura - Il Comune decide la chiusura dello stabilimento: "Bocciata, non c'è emergenza sanitaria.
26 novembre 2012 - lunedì 26th November / Monday visioni del post - 5
Inter, così proprio non va! Brutto k.o a Parma: ora è terza
I nerazzurri incappano in un'altra sconfitta: dopo la vittoria con la Juve sono seguiti due k.o e un pari col Cagliari. Ottima la prova degli emiliani che salgono a quota 20
Nicola Sansone stende l'Inter: 1-0 Parma. (Ansa)
L'Inter non c'è più: Stramaccioni, che succede? Nel giorno che doveva servire per la risalita a -1 dalla Juve, i nerazzurri sono incappati in una sconfitta a Parma per 1-0 che ridimensiona inevitabilmente anche le sperticate lodi ricevute dopo l'impresa dello Juventus Stadium. L'Inter resta a -4 ma si fa raggiungere dalla Fiorentina e superare dal Napoli. Quello che è più grave è che dalla vittoria in casa dei campioni d'Italia sono seguite due sconfitte con Atalanta e Parma oltre al pari casalingo con il Cagliari. Un crollo mentale prima ancora che dovuto a variazioni tattiche generate dal turnover. Lo dimostrano le gambe molli di Guarin che non ha affatto contrastato Nicola Sansone nell'azione del gol degli emiliani: un errore inaccettabile, specie sullo 0-0 di una partita da vincere. Viceversa bisogna fare i complimenti al Parma e a Roberto Donadoni che ha impartito al giovane collega una vera lezione.
Grattacapi— Il Parma si è ben messo in campo con Valdes (uno dei migliori) e Marchionni a smistare palloni a destra e sinistra non appena lo schieramento nerazzurro ha aperto i fianchi. In particolare è stato Biabiany a creare tanti grattacapi alla retroguardia dei milanesi ben supportato da Rosi. Una mossa giusta quella di Donadoni perché Nagatomo, in questo periodo uno dei più in forma dell’Inter, è spesso dovuto rientrare. E l’azione offensiva dell’Inter ne ha risentito perché il giapponese si è visto poco a supporto dell’attacco sulla fascia. Proprio dalla destra dell’attacco parmense sono arrivate le situazioni più pericolose. In particolare già al 5’ con Handanovic che ha parato una deviazione disperata di Samuel su cross basso di Marchionni. E poi al 33’ quando Biabiany ha crossato per Amauri che ha trovato pronto Handanovic.
Verticalizzazioni—
L’Inter ha fatto molto possesso palla, ma è sempre mancata la verticalizzazione giusta per Milito e Palacio, mai imbeccati coi tempi giusti dai centrocampisti e spesso murati da un ottimo Paletta. In questo è stato estremamente deficitario Alvarez, scelto come vice Cassano. L’argentino, che alla prima occasione da titolare sarebbe stato lecito aspettarsi carico a mille, si è invece proposto poco e male e così le incursioni di Guarin, l’altra opzione nerazzurra per scardinare la ben piazzata difesa emiliana, sono sempre state ben controllate. Il colombiano ha sfiorato il palo su punizione. Poi da situazione di corner una torre di Ranocchia per Cambiasso si è chiusa con parata di Mirante. Inevitabile insomma lo 0-0 del primo tempo.
Grande Sansone— Nella ripresa ci si aspettava un'Inter più cattiva ma Stramaccioni ha aspettato fino al 25' per togliere l'inguardabile Alvarez e mettere Coutinho. Poi, all'ingresso del brasiliano, da rimessa laterale, è seguita la solitaria volata di Sansone verso la porta nerazzurra, conclusa con un destro micidiale che non ha lasciato scampo ad Handanovic. Il Parma ha giocato compatto, ha sbandato solo in un paio di contropiedi ma i giocatori di Donadoni sono sempre ben rientrati. I 3 punti sono più che meritati. L'Inter adesso si interroga e pensa a come ritrovarsi. Magari valutatando anche con urgenza se è il caso di litigare a lungo con Weeley Sneijder.
26 novembre 2012 - lunedì 26th November / Monday visione post - 7
Letter A Abandoned / 1. abbandonato, desolato this area is abandoned/ questo territorio è in condizioni di abbandono 2. dissoluto, di facili costumi an abandoned woman/ una donna perduta Abbandonato / 1. abandoned, forsaken, deserted una donna abbandonata/ a deserted (forsaken) woman 2. neglected / come trascurato giardino abbandonato/ a neglected garden to abase / 1. umiliare, avvilire (pr. obeis) he abased himself before the king/ si umiliò al cospetto del re False friend / NON SIGNIFICA: abbassare
abasement / degradazione, umiliazione abbassare / 1. to bring down (ridurre) to bring down prices / abbassare i prezzi 2.to lower (spostare più in basso) to lower a picture / abbassare un quadro 3.to decrease, to diminish, to go down, to fall (diminuire di intensità) the temperature is going down la febbre si abbassa the pressure is falling la pressione si abbassa abbassamento / Secondo le accezioni del verbo è reduction / decrease / lowering drawdown (di livello di acque) / fall (di pressione) to abate / 1. diminuire, ridurre they're planning to abate air pollution stanno progettando di diminuire l'inquinamento atmosferico 2. dedurre, sottrarre, defalcare the debt was abated / il debito fu defalcato 3. diminuire, calare (di intensità), scemare the fever is abating / la febbre sta calando finally the storm abated / alla fine la tempesta si placò False friend / NON SIGNIFICA: abbattere
26 novembre 2012 - lunedì 26th November / Monday visioni post - 16 Martedì Il treno dei pensionati giramondo Bilancio mensile in California: 7.750 dollari. A Parigi, giugno 2012: 6.550 dollari. A Firenze in luglio e agosto: 6.050 dollari. Settembre a Londra: 6.800. Ottobre e novembre a Buenos Aires: 4.400 dollari men- sili. Questo è il costo della vita di una coppia di americani, Lynne e Tim Martin. Lei ha 70 anni, lui 66. Rappresentano uma nuova versione del vecchio detto: "Vendo tutto e mi ritiro". - Un'interpretazione globale, che segna una strada ai pensionati baby boomer del futuro. Ovviamen- te si tratta di due americani benestanti, visto che con le loro due pen- sioni, più il rendimento dei risparmi, possono permettersi di spendere circa 5mila euro al mese. Non sono una piccola minoranza, però. Il loro diario di vita, pubblicato sul 'Wall Street Journal', descrive un vagabondaggio planetario. Hanno venduto la casa in California, e passano uno o più mesi nelle "cittò dei loro sogni". Analizzando in dettaglio le spese di vita quotidiana, dimostrano di riuscire a vivere in Italia, Francia e Argentina spendendo meno che negli Stati Uniti. E facendo tutto quello che non erano riusciti a fare quando avevano un lavoro. Il 'Wall Street Journal" definisce questa scelta "La pen- sione in giro per il mondo' e prevede che diventerà un trend di massa. (di Federico Rampini - da la Repubblica di 23 ottobre 2012)
Venerdì L'isola fantasma ha sempre affascinato gli uomini: da Tule, segnalata fin dal quarto secolo avanti Cristo e maiidentificata con certezza, all'isola dei Demoni, apparsa nelle carte del Cinquecento. Si potrebbe immagi- nare che oggi le nostre rappresentazioni cartografiche siano esatte, ma non è così: Google Maps situa nel mar dei Coralli un'isoletta lunga e stretta, Sandy Island, ma una spedizione di ricercatori au- straliani è andata a cercarla e non l'ha trovata. Al suo posto c'è uno specchio d'acqua profondo più di 1.400 metri. "E' molto strano e non capiamo come questo luogo che non esiste abbia potuto ritrovarsi in parecchie carte geografiche diverse", ha dichiarato la professoressa Maria Seton. - L'isoletta sarebbe a pochi chilometri dal possedimento francese della Nuova Caledonia, ma non è menzionata nelle carte ufficiali transalpine, dice la Bbc. Un errore umano, afferma qualcuno, ma il mistero è più fitto: su Bing Maps, Sandy Island risulta esattamente dall'altra parte del- l'Australia, mentre Wikipedia la segnala come un banco di sabbia in un arcipelago britannico del Pacifico. Più che un'isola fantasma, insomma, un'isola con il dono dell'ubiquità. (di Giampiero Martinotti - da la Repubblica di 23 nov. '12)
24 novembre 2012 - sabato 24th November / Saturday visualizzazioni - 39.794 visioni post - 11
Sassuolo primo in solitario Verona, sospesa per nebbia
16ª giornata di Serie B: la squadra di Di Francesco fa fuori la Reggina per 3-1 e si lascia alle spalle il Livorno. Al 37' della ripresa stop nella gara tra gli uomini di Mandorlini, sotto di un gol sull'1-2, e Cittadella
Nella 16ª giornata di B, si accende la lotta al vertice. Dopo la vittoria del Livorno a Novara nell'anticipo di ieri, il Sassuolo travolge 3-1 la Reggina e torna capolista in solitario. Partita sospesa tra Verona e Cittadella, con i veneti sotto sull'1-2. Il Livorno, perciò, resta al momento al secondo posto. Completa il turno Bari-Modena, posticipo di domani alle 12.30.
Boakye, grande protagonista della gara del Sassuolo con la Reggina,
in contrasto con Adejo.
ASCOLI-VICENZA 0-0 — Finisce 0-0 fra Ascoli e Vicenza. Un pareggio che soddisfa i vicentini, non certamente i bianconeri in superiorità numerica fin dal 21’ del primo tempo per l’espulsione di Martinelli. Ascoli bruttino, ma sfortunato nel finale quando ha colpito due pali. Nell’Ascoli Silva schiera Conocchioli a destra e Giallombardo a sinistra. Ancora out Soncin. Vicenza alle prese con le squalifiche di Plasmati e Giacomelli e l’infortunio di Gentili. Ritmo blando nel primo quarto d’ora ravvivato da uno scambio in velocità Fossati-Feczesin-Fossati sul cui cross sotto porta Zaza è in ritardo (13’). Risponde il Vicenza al 17’ con un destro dalla distanza di Padalino parato da Guarna. Episodio importante al 21’. Zaza punta Martinelli che al limite dell’area lo butta giù. Consulto radio fra arbitro e guardalinee che giudicano l’intervento come fallo da ultimo uomo e chiara occasione da gol: rosso per il giocatore del Vicenza che resta in dieci. Protestano i vicentini. Breda al 40’ cambia inserendo Pisano per Giandonato. Zaza ammonito, sarà squalificato. Palla gol al 47’ per il Vicenza. Cross da destra di Semioli, Padalino colpisce di tasta chiamando Guarna alla parata in angolo. Si va al riposo sullo 0-0. Ripresa che si apre con Scalise che nell’Ascoli prende il posto di Conocchioli. Al 13’ Dramè, appena subentrato a Ricci, crossa da fondo campo, portiere superato, palla che passa a pochi centimetri dalla porta ed esce dalla parte opposta senza che nessun bianconero riesca a intervenire. Nel finale Ascoli sfortunato. Al 43’ Fossati tira dal limite, palla leggermente deviata, palo esterno e calcio d’angolo. Dalla bandierina batte Loviso testa di Peccarisi palo interno e Pinsoglio si ritrova il pallone sulle mani. Finisce 0-0 col pubblico di casa che fischia deluso.
(Giuseppe Ercoli - da La Gazzetta dello Sport.it)
CITTADELLA-VERONA 2-1 — La nebbia ha la meglio su Cittadella-Verona. Scesa all’improvviso sul Tombolato dopo il vantaggio della squadra di Foscarini, ha dapprima costretto l’arbitro Palazzino a fermare l’incontro al 37’ della ripresa, quindi dopo dieci minuti di sospensione senza miglioramenti della visibilità, il direttore di gara ha mandato tutti negli spogliatoi. I restanti 8 minuti saranno recuperati a data da destinarsi. Una novità per parte rispetto alle formazioni annunciate alla vigilia: nel Cittadella Cancio è preferito a De Vito, nel Verona in campo Grossi per Rivas. Inizio favorevole ai padroni di casa, con Maah molto attivo nei primi minuti: al 6’ la conclusione è rimpallata in area da un difensore, quindi è Cacciatore a deviare in angolo il pericoloso cross dell’attaccante francese. Pericoloso il Verona al 12’ con Grossi che serve Laner al limite dell’area, destro fuori di poco, è il preludio al vantaggio della squadra di Mandorlini, che arriva al 29’: cross di Gomez, testa di Laner che supera Cordaz. Il Cittadella fatica ad entrare in area, il Verona è ben disposto in campo e non lascia spazi alla squadra padovana, che si fa vedere in azione di rimessa al 41’, Maah appoggia in area per Di Roberto, sinistro violento respinto con i pugni da Rafael. Il Cittadella pareggia al 2’ della ripresa, cross di Di Roberto, Maah in area prova il colpo di tacco rimpallato, tenta quindi Giannetti che svirgola il pallone ma ne esce un assist per Schiavon che da due passi infila Rafael. Galvanizzato dal gol, Schiavon ci prova anche dalla distanza, il diagonale sfiora in palo alla sinistra di Rafael. Le squadre adesso sono allungate sul rettangolo di gioco, e ne trae giovamento il Cittadella che passa in vantaggio in contropiede al 29’: Biraghi appoggia per Maah in area, diagonale di sinistro nell’angolino. L’attaccante francese torna al gol dopo quasi un anno di astinenza. (Simone Prai)
Gara sospesa per nebbia tra Cittadella e Verona. (LaPresse)
CROTONE-PADOVA 0-1 — Terzo successo esterno del Padova che adesso bracca da vicino le tre fuggitive grazie ad un gol di Farias nel primo tempo. Drago e Pea schierano praticamente le stesse formazioni del turno precedente con una sola differenza, l’ingresso di Mazzotta al posto di Migliore infortunato. L’inizio è favorevole al Crotone con Caetano che al 7’ e al 9’ impegna Anania che para con qualche apprensione. Il Padova non sta a guardare e si fa pericoloso specie sulla destra dove Legati spesso scappa. Al 19’ Cutolo salta Vinetot e dal fondo mette in mezzo per Galli che di sinistro timbra il palo. Galli esce al 24’ per infortunio e Pea inserisce Raimondi e tre minuti dopo il Padova passa con Farias che dai 20 metri coglie impreparato Caglioni e lo infila nel palo alla sua destra. Il Crotone gioca ma non punge e dopo due minuti di recupero Di Bello manda tutti al riposo. Si torna dal riposo col Padova che arretra notevolmente il baricentro consentendo a Raimondi di operare in contropiede ma Pea perde Zè Eduardo al 20’ per doppio giallo un minuto dopo aver inserito Granoche per Cutolo. Il Padova si arrocca ma il Crotone non trova spazio nella impenetrabile difesa veneta. Alla fine Drago inserirà anche Ciano e Pettinari ma i padovani riescono a tenere il vantaggio e proprio nel finale prima Pettinari, poi Torromino e infine Ciano non trovano lo spazio per pareggiare la gara.
(Luigi Saporito)
GROSSETO-BRESCIA 2-2 — Un primo tempo pirotecnico, con quattro gol in ventuno minuti, decide le sorti di Grosseto-Brescia. Il 2-2 dello Zecchini fa scontenti tutti: i locali, che hanno fatto vedere qualcosa in più degli avversari, rimangono ultimi, pur rosicchiando un punto al Novara, mentre gli ospiti si allontanano dal vertice. Il Brescia va due volte in vantaggio, ma la squadra messa in campo dalla nuova coppia Magrini-Consonni riesce, con determinazione e cuore, a rimetterla in piedi. Nella ripresa, poi, le squadre hanno un'occasione a testa per vincere la gara: il tentativo di Scaglia viene respinto al 4' da un super intervento di Lanni, mentre al 43' la punizione di Quadrini va a sbattere la traversa. La gara, aperta con lo striscione "Brescia abbraccia la Maremma", in segno di solidarietà per le popolazioni alluvionate di Albinia, si è animata dopo appena 30' con un calcio di rigore concesso da Tommasi per un contatto tra Olivi e Corvia. Un episodio che non ha fatto che aumentare la rabbia dei toscani, che si sono riversati subito nella metà campo delle rondinelle ed hanno raccolto i frutti al 13' con il nono gol stagionale di Nando Sforzini, che gira di testa un cross di Ronaldo. Passano cinque minuti e i ragazzi di Calori trovano il 2-1: Bouy prende in controtempo la difesa e pesca Scaglia sull'estrema sinistra: gran sinistro e Lanni, colpevole di non essere uscito, battuto. Al 21' arriva però quello che sarà il gol del pareggio definitivo. Ronaldo dalla destra pennella un assist per Olivi, lasciato colpevolmente solo nell'area piccola, che si testa supera Arcari. Nella ripresa cala il ritmo e le emozioni e il Grosseto piange per quella punizione, che avrebbe potuto cambiare il volto di questa disgraziata stagione.
(Maurizio Caldarelli)
JUVE STABIA-EMPOLI 1-2 — Una Juve Stabia sotto tono, troppo distratta dal pensiero della prossima trasferta di Coppa Italia Tim in casa della Fiorentina, si arrende ad un Empoli in salute che capovolge nel finale il risultato grazie al duo Tavano-Saponara. Dopo un inizio a ritmi non troppo esaltanti è un'invenzione di Caserta all'11' a sbloccare il risultato per i gialloblù locali, al secondo pari casalingo dopo quello con il Vicenza. Il capitano stabiese porta in vantaggio i suoi con un gran tiro al volo di destro dal limite dell'area che non lascia scampo a Bassi. Veemente la reazione dell'Empoli che si getta immediatamente nella metà campo ospite alla ricerca di un pari che, complice il pressapochismo della difesa locale, sfiorerà in ben due occasioni nell'arco di due minuti. Al 16' è Tavano ad alzare sulla traversa un assist di Maccarone. E, un giro di lancette più tardi, è Murolo a salvare nei pressi della linea su un tocco di un ispirato Saponara. L'Empoli continua a spingere collezionando una serie di pericolosi angoli consecutivi andando di nuovo ad un passo dal pari con Maccarone (34'), il cui colpo di testa è deviato da Nocchi, e Tavano (35'), che sparacchia su Nocchi da ottima posizione. Non cambia il copione nel secondo tempo con i toscani a spingere incessantemente e la Juve Stabia a rinculare all'indietro tanto da sostituire un centrocampista, Genevier, con un difensore, Gorzegno, e passare dal 4-3-3 ad un più coperto 4-4-2. Al 18' Tavano conferma di non essere in giornata di grazia sprecando una ghiottissima opportunità su assist del solito Saponara. Ma il bomber empolese si riscatta non fallendo il bersaglio al 35' quando, dopo un tiro di Saponara non trattenuto da Nocchi, è lesto a spingere in fondo al sacco la palla dell'1-1 anticipando un disattento Maury. E per l'Empoli c'è anche il tempo di mettere le mani sull'intera posta in palio con Saponara, abile a beffare in uscita Nocchi su assist di Maccarone all'ultimo minuto dei tempio regolamentari. (Gianpaolo Esposito)
La linguaccia di Ciccio Tavano per il momentaneo 1-1 dell'Empoli. (LaPresse)
SASSUOLO-REGGINA 3-1 — Risponde al Livorno, il Sassuolo, e consolida il suo primato in coda alla dodicesima vittoria stagionale imponendo alla Reggina la legge del Braglia, dove la capolista ha ottenuto 22 dei suoi 38 punti. Finisce 3-1, ma la Reggina resta in partita solo un tempo, dando strada sul 3 a 1 ad un Sassuolo che non chiude in goleada solo perché Pavoletti, Troiano, Berardi, Troianiello e Boakye sbagliano mira, e buon per il Sassuolo che il ghanese e l’attaccante napoletano, con la collaborazione di Missiroli, avevano già messo in ghiaccio la partita. Sono loro tre, infatti, a mettere le ali ad un Sassuolo che fatica più del dovuto ad entrare in partita, ma quando se ne impadronisce azzera le velleità della Reggina, che era riuscita a ricucire, con Ceravolo, il vantaggio neroverde arrivato con Boakye al 18’. Lo scatto decisivo dei padroni di casa arriva alla mezzora con il terzo gol stagionale di Troianiello e la Reggina finisce sul colpo di testa di Lucioni che al 34’ timbra la traversa. In avvio di ripresa, infatti, è Boakye a triplicare, chiudendo di fatto una gara che da lì in avanti vede maramaldeggiare un Sassuolo che tuttavia sbaglia a ripetizione, sotto gli occhi increduli di Di Francesco, confinato in un box della tribuna centrale.
(Stefano Fogliani)
TERNANA-LANCIANO 2-2 — La Ternana manca ancora l'appuntamento con la vittoria. Contro il Lanciano è passata a condurre per due volte e in altrettante circostanze ha trovato il modo di regalare il gol del pareggio agli avversari. Ha rotto l'equilibrio Litteri al 39' del primo tempo infilando in rete di testa un bel cross dalla destra di Dianda. Sembrava fatta ma due minuti dopo Brosco e Carcuro hanno confezionato l'errore che al limite dell'area ha concesso il pallone al Lanciano. Tocco filtrante e Di Cecco bravo ad infilare in rete. Nella ripresa ancora Ternana a fare la partita con decisione e Lanciano a difendersi con un certo ordine. Ternana pericolosa con Carcuro e Botta ma al 19' Ambrosi s'è dovuto superare per ribattere un colpo di testa di Amenta. Al 25' però la squadra di casa torna in vantaggio. Litteri supera in velocità Aquilanti che entrato in area interviene malamente buttandolo a terra. Rigore che Vitale trasforma con un sinistro angolato. Sembra fatta per la Ternana ma al 43' Dumitru perde banalmente un pallone sulla trequarti. Mammarella crossa al limite dell'area, Ambrosi esce a vuoto e dal limite Falcone infila l'angolo con un destro al volo.
(Massimo Laureti)
VARESE-PRO VERCELLI 2-0 — Il Varese si rimette in moto dopo lo stop di Livorno, batte l’emergenza (mancavano cinque uomini chiave) e liquida la Pro Vercelli, che subisce la quarta sconfitta consecutiva. La gara stava particolarmente a cuore ai padroni di casa, che ci tenevano a omaggiare la memoria di Peo Maroso: il presidente onorario dei biancorossi morto a settembre a cui è stata appena intitolata la curva nord del Franco Ossola, dove il patron Antonio Rosati, con un passato da dirigente della Pro Vercelli, ha scelto di seguire la partita. Prima del fischio d’inizio, la squadra sfila insieme ai bambini della scuola calcio con lo striscione "Ciao nonno Peo" e poi, quando l’arbitro Roca dà il via alla partita, tutto il pubblico di casa si alza in piedi inneggiando a Maroso. Non c’è neppure il tempo per risedersi perché, dopo una cinquantina di secondi, il Varese si procura subito un rigore. Valentini si tuffa in uscita sui piedi di Martinetti, contrastato alle spalle anche da Cosenza: l’attaccante cade e l’arbitro indica il dischetto dopo aver espulso il difensore della Pro Vercelli, fra le proteste dei compagni. Ebagua sciupa il penalty, sganciando un sinistro impreciso che diventa facile preda di Valentini, mentre Tripoli non sa ribadire in rete calciando fuori. È solo il terzo minuto e il Varese accusa il contraccolpo dell’errore. I lombardi, pur in superiorità numerica, faticano davanti all’attenta retroguardia piemontese che cade solo al 43’ quando Nadarevic scaglia in porta un prezioso sinistro al volo da 25 metri, imprendibile per Valentini, fuori posizione. La ripresa si apre con le accese proteste della Pro Vercelli che al 7’ reclama il rigore per un contato fra Fiamozzi e Iemmello, avvenuto però al limite. I padroni di casa chiudono i conti al 20’: il solito Nadarevic lancia da sinistra Ebagua che segna il settimo gol personale spingendo la palla in rete di petto. La Pro Vercelli non riesce neppure a ridurre le distanze e spreca il punto della bandiera al 43’ quando Immello non sfrutta un cross da destra di Di Piazza che buca l’imbambolata difesa di casa. (Filippo Brusa)
CESENA-SPEZIA 1-1— Finisce pari la sfida tra Cesena e Spezia, posticipo delle 18 della 16ª giornata di Serie B. Al Manuzzi termina 1-1, un punto che serve ai romagnoli di Bisoli per allontanarsi dalla zona calda, meno allo Spezia cui occorreva una vittoria per rilanciarsi in chiave playoff. Agli ospiti bastano cinque minuti per portarsi in vantaggio. A sbloccare il risultato, al 5', è il solito Sansovini, bravo ad insaccare sul traversone basso dalla destra di Madonna. La squadra di Serena tiene in mano il gioco, i romagnoli si affidano alla ripartenze e verso il finale di tempo provano ad abbozzare una reazione. Nella ripresa lo Spezia si avvicina al raddoppio con Porcari e Sansovini, ma i padroni di casa trovano il pareggio alla mezz'ora. A riportare i conti in equilibrio è Succi, servito splendidamente da Ceccarelli in area. Lo Spezia prova a riportarsi nuovamente in vantaggio, ma il risultato non cambia più. In virtù di questo risultato, il Cesena sale a 15 punti, mentre i liguri raggiungono quota 20.
22 novembre 2012 - giovedì 22nd November / Thursday visualizzazioni - 39.684
Juve, Juve, Juve / Milan, Milan, Milan 3 - 0 a Torino 1 - 3 a Bruxelles Le nostre due squadre di punta della Champions si fanno finalmente onore negli incontri che contano per la qualificazione.
JUVE! Fantastico match della squadra bianconera: i campioni d'Europa del Chelsea messi sotto per 3 - 0. Il tris meraviglia Quagliarella, Vidal e Giovinco spazza via la squadra di Di Matteo. Ormai gli ottavi sono a un passo e Gigi Buffon dice, polemico: "E' un messaggio, basta coi dubbi su di noi".
Liveblog. Fonti israeliane, palestinesi ed egiziane comunicano il cessate il fuoco. 23 feriti in attacco a Tel Aviv. Oltre 140 vittime palestinesi nella Striscia. Rinviata partita Europa League. Hacker contro profilo Shalom / SPECIALE
A Palazzo Chigi il vertice tra il premier, i ministri economici e le parti sociali. Il professore: "E' il summit conclusivo su un tema fondamentale: la speranza è che tutti aderiscano". L'Istat: Italia ferma da 20 anni
20 novembre 2012 - martedì 20 November / Tuesdayvisioni del post- 10 Parlando di manifestazioni di piazza (vedi l'ultimo sciopero europeo del 14 novembre scorso) è necessario fare riferimento a due concetti fondamentali, che dovrebbero essere ancora le basi delle attuali società occidentali: democrazia e libertà, l'una non escludendo l'altra, il chè pare essere chiaro-lampante, ma purtroppo non sempre è vero e accade. Andando a vedere, in giornali e siti internettiani, le varie analisi su quella manifestazione di studenti e non solo, ne ho trovata una molto appropriata ma anche molto approfondita: è l'analisi del direttore di 'la Repubblica', Ezio Mauro, pubblicata due giorni dopo quella manifestazione (venerdi 16 novembre), e dal titolo emblematico: 'Un deficit di libertà'. Eccolo, riportato per intero. (Lucianone)
(da la Repubblica - 16/11/'12 - di Ezio Mauro) Un deficit di libertà Soltanto chi non vuol vedere ciò che ha sotto gli occhi può ridurre ad una questione di ordine pubblico la mobilitazione contro l'austerità, per il lavoro e il welfare che ha riempito mercoledì le piazze d'Europa. - Sulla violenza abbiamo imparato ad essere netti e precisi: chi va in strada per rivendicare i suoi diritti non ha nulla a che spartire con chi cerca lo scontro fisico con la polizia o compie atti vandalici, presenze che vanno dunque denunciate, isolate e contrastate sen-za nessuna forma di ambiguità. Nel farlo, la polizia ha il dovere di ricordarsi di essere al servizio di uno Stato democratico e dunque mentre garantisce la sicurezza dei cittadini - tutti, anche i manifestanti - deve evitare l'abuso di potere e l'esercizio di una violenza di Stato che purtroppo abbiamo già visto altre volte andare vergognosamente in scena nelle nostre città. E che abbiamo documentato anche ieri, portando il governo a prenderne atto. Ma detto questo c'è tutto il resto, di cui non si parla. La coesione sociale di questo Paese ha del miracoloso di fronte al processo di esclusione di un pezzo di società dal sistema occidentale di garanzie in cui eravamo cresciuti per decenni.- La crisi che stiamo tutti vivendo ha accentuato fortemente la disuguaglianza sociale, che è diventata una cifra dell'epoca, esplosiva. In un Paese irrisolto e malato come l'Italia questa disuguaglianza è diventata sproporzione. E tuttavia il capitale sociale ha tenuto un insieme di relazioni, interdipendenze, fiducia e speranza, connessioni, che ha consentito al "sistema" di essere tale anche sotto l'urto della crisi. Aggiungiamo la frammentazione dei soggetti sociali e delle loro culture di riferimento, l'egemonia culturale di un neoliberismo storpiato all'italiana in una falsa ideologia che consentiva ogni dismisura e scusava qualsiasi privilegio, giustificando e applau- dendo qualunque abuso. Quegli studenti e quegli operai che sono andati in piazza, disor- ganizzati e divisi in mille rivoli, rappresentano l'irruzione in sce- na di ciò che è stato escluso, nel senso vero e proprio del termine, tagliato fuori. Un ceto, una fascia di popolazione, una generazio- ne possono essere compressi fino all'irrilevanza sociale, dunque politica, cioè fino all'invisibilità. E' quanto sta accadendo nelle nostre società, sotto i nostri sguardi che non vedono. E tutto ciò, com'è naturale, avviene attorno alla questione capitale di una società democratica, che è la questione del lavoro. La perdita del lavoro (e nello stesso modo il lavoro che non c'è) è infatti qualcosa di più della perdita del reddito e della sicurez- za economica. E' lo smarrimento dei legami sociali, dell'inter- dipendenza dei ruoli, del riconoscimento reciproco attraverso le funzioni e le obbligazioni volontarie che nascono dalle scelte individuali e dalle necessità collettive. Ma è anche il venir me- no dei diritti, fino al diritto democratico supremo: il diritto del- la cittadinanza. Molto semplicemente, senza libertà materiale non c'è libertà politica: il lavoro è partecipazione, emancipa- zione, costruzione di sè e della propria libertà in relazione con gli altri e con le libertà altrui. E' la trama in cui la realizzazio- ne della nostra vita entra pubblicamente in rapporto con le vite degli altri, in quel disegno che abbiamo chiamato società, cioè lo stare insieme liberamente accettato in una composizione di diritti e di doveri che tende al cosiddetto bene comune, o qual- cosa di simile. - Se si rompe il nucleo di valori comunemente riconosciuto nella civiltà occidentale del lavoro, salta tutto questo. Per gli individui, va in crisi il rapporto stesso con la democrazia, perchè quando io non sono più in grado di far fronte ai doveri fondamentali davanti alla mia famiglia e ai miei figli, alle loro necessità primarie, alle legittime aspira- zioni (cioè alla libertà), la democrazia può diventare per me un guscio vuoto, un insieme di formule che non trova senso pratico e traduzione concreta nella vita di tutti i giorni. Peggio, la democrazia diventa un sistema che si predica per tutti e si declina per alcuni, il regime degli "inclusi", dei protetti e dei garantiti, che tagia fuori il resto. La grande novità della fase che viviamo sta proprio qui. Le disuguaglianze sono state molto forti nei decenni che abbia- mo alle spalle, in alcuni casi sono state odiose. Ma il sistema politico.economico in sui siamo cresciuti e il suo orizzonte culturale tendevano fortemente all'inclusione. I 60 anni del dopoguerra hanno esteso in tutta l'Europa una sorta di eco- nomia sociale di mercato che ha liberato la forza e le poten- zialità del capitalismo regolandolo con il welfare state: pri- ma forma strutturale di redistribuzione in basso del reddito e sistema di garanzia per i più deboli, evitando che diventas- sero esclusi. Qualcosa di ben lontano , com'è evidente, dalla "democrazia compassionevole" e anche dalla "Big society" che sostituiscono la benevolenza individuale e dei gruppi so- ciali all'organizzazione dello Stato sociale, la carità ai diritti. Com'è chiaro, la beneficenza non ha bisogno della democra- zia: ma in democrazia , la solidarietà sociale ha bisosgno di qualcosa di più della beneficenza. Siamo al nucleo fondamentale della questione: i diritti. Vedendo che sotto la spinta mai neutrale della crisi i soggetti più deboli e più esposti della nostra società sono stati più vol- te costretti a scegliere tra lavoro e diritti, abbiamo dovuto prendere atto di una questione a cui non eravamo preparati: i diritti nati dal lavoro sono dei diritti "nani", cioè subordi- nati e condizionati, che possono venire revocati se la crisi lo impone, dunque sono delle variabili dipendenti e non auto- nome. Eppure fanno parte di quel contesto democratico ge- nerale di cui tutti usufruiamo qualunque sia il nostro ruolo, perchè è la civiltà materiale italiana nel suo progredire. E tuttavia poichè sono frutto del negoziato (e dunque neces- sariamente del rapporto di forza) e soprattutto perchè co- stano, in quanto rispondono a delle spettanze, sono com- primibili come non accadrebbe mai ad altri diritti. Dimo- strando così che il lavoro può tornare ad essere semplice prestazione, cioè merce, quando perde ogni valenza gene- rale , simbolica, culturale, infine e soprattutto politica. Questo accade perchè il neoliberismo, dopo aver genera- to la crisi (vedi l'origine nelle politiche della Tatcher e di Reagan), è riuscito paradossalmente a trasformarsi nel suo presunto antidoto, cioè nell'unica legge di so- pravvivenza delle democrazie esauste dell'Occidente, di- ventando nei fatti la religione superstite, una moderna ideologia. Non c'è oggi un confronto culturale in atto, nei nostri Paesi. - E non c'è una cultura capace di coniugare capitale, lavoro, responsabilità fuori dal pa- radigma che ha fallito, ma donina ancora il campo. Le destre non hanno elaborato cultura, declinando il modello dominante in un 'laissez faire' smodato nel campo privato, politico, istituzionale. La sinistra scambia la modernità con il senso comune altrui, in cui nuota controcorrente, da gregaria. L'establishment lucra quel che può dalle rendite di posizione della fase, incapace di guardare oltre. La tecnocrazia, impegnata in una necessaria azione di risanamento e in una nuo- va forma politica di rispetto delle istituzioni, soffre tuttavia di una specie di "integralismo accademico" che la porta a privilegiare i paradigmi scolastici ri- spetto alla realtà, salvo prendere atto periodicamen- te che il governo di un Paese moderno per fortuna non è un convegno di Cernobbio. A questo bisogna aggiungere la divaricazione crescente tra il vincolo europeo e la sua legittimazione democratica. Strumenti decisivi e cruciali della costruzione europea come la Bce (che dobbiamo rin- graziare nella guerra allo spread) si sono trasformati davanti a noi in veri e propri soggetti della governance comunitaria, senza essere mai stati eletti. Leadership di fatto come quella di Angela Merkel, contano più delle istituzioni dell'Unione, trojke e istituti che non rispondono ai cittadini commissariano i governi, agenzie di rating pesano più delle pubbliche opinioni. E' evidente che ci sarò biso- gno di più Europa, per uscire dalla crisi: ma ci sarò soprattutto bisogno di una governance democratica , con una rispondenza vi- sibile e riscontrabile tra autorità, potestà, cittadinanza, rappresen- tanza. - Per il momento, questo deficit di legittimazione produce un deficit di politica, e tutto diventa meccanica: anche il rigore non temperato dall'equità, dalla valutazione del consenso, dal principio di giustizia sociale, è un paradigma obbligato e obbli- gatorio, non una politica.
La mancanza di politica si avverte drammaticamente anche dall'altra parte del mondo in cui viviamo. Gli esclusi, i senza lavoro, i ragazzi senza prospettive, non hanno oggi una cultura politica che sappia parlare a loro e per loro. Chi rappresenta il lavoro, quando c'è e de- ve difendere i suoi diritti, quando non c'è e diventa un deficit di libertà? Oggi non c'è rappresentanza. Con il rischio, come avvertono in molti guardando alla Grecia, che la destra prenda in mano temi tipicamente di sinistra e li agiti nella sua strumentalità antieuropea, in una rinasci- ta modernissima e ambigua di una protesta nazional-sociale sotto altre forme. Ma se questo è il cuore del problema, non abbiamo finito. Perchè l'al- leanza capitale-lavoro-welfare è stata un'identità naturale delle demo- crazie rappresentative dell'Occidente, per tutti questi decenni. Se salta, salta anche il tavolo di compensazione dei conflitti che ci ha tutelati tutti, cioè quel vincolo d'interdipendenza che ha legato e tenuto insie- me i vincenti e i perdenti del boom, delle crisi cicliche, , di internet, della globalizzazione, quel nesso di destino comune che ha scusato e reso fin qui tollerabili le disuguaglianze. Continua...to be continued...